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lunedì 2 marzo 2020

VANGELO ARABO DELL'INFANZIA DI GESU'


VANGELO SIRIACO DELL'INFANZIA DI GESU'





Infanzia di Gesu'.




Il Vangelo arabo dell'infanzia, chiamato anche Vangelo siriaco dell'infanzia, è un vangelo apocrifo pervenuto in arabo e siriaco e databile tra il V e il XIII secolo, con maggiore probabilità per l'VIII-IX secolo. 

Al pari degli altri vangeli dell'infanzia (Protovangelo di Giacomo, Vangelo dello pseudo-Matteo e Vangelo dell'infanzia di Tommaso), e basandosi su essi, contiene racconti relativi all'infanzia di Gesù. 

All'inizio del testo si afferma che il Vangelo, chiamato "Vangelo dell'infanzia", sia opera di Giuseppe detto Caiafa (versione greca del latinizzato Caifa), sommo sacerdote degli ebrei al tempo di Gesù (18-36), affermazione che faceva dunque datare il testo al I secolo; tale attribuzione è tuttavia considerata pseudoepigrafa dagli studiosi.

La datazione dello scritto è particolarmente problematica. Gli studiosi ritengono che la versione originale fosse in siriaco, in seguito tradotta in arabo. La versione siriaca sarebbe stata composta tra il V al XIII secolo, data di composizione di alcuni manoscritti conservatisi.

 

CONTENUTO DEL VANGELO ARABO DELL'INFANZIA DI GESU' 

 




Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, un solo Dio. Con l'ausilio e il favore dell'Essere Supremo abbiamo iniziato a scrivere il libro dei miracoli del nostro padrone e signore e salvatore Gesù Cristo, che ha per titolo Vangelo dell'infanzia. Nella pace del Signore. Amen *.  

[1, 1] Quanto segue l'abbiamo trovato scritto nel libro del pontefice Giuseppe vissuto al tempo di Cristo; alcuni dicono che egli sia Caifa. Egli disse che Gesù parlò quando era ancora nella culla e disse a sua madre Maria: "Io sono Gesù figlio di Dio, il LogoV, da te generato secondo quanto ti aveva annunziato l'angelo Gabriele. Mio padre mi ha inviato per la salvezza del mondo".  

[2, 1] Viaggio a Betlemme. L'anno 309 dell'era di Alessandro, uscì un decreto di Augusto affinchè‚ ognuno si facesse recensire nel suo luogo d'origine. Giuseppe prese Maria, sua sposa, e partì da Gerusalemme diretto a Betlemme, per farsi recensire con la famiglia nella sua città natale.  

[2] Giunti a una grotta, Maria disse a Giuseppe che per lei era ormai imminente il tempo di partorire e che non poteva proseguire fino alla città. "Entriamo in questa grotta", disse. Questo avvenne quando il sole stava tramontando.  Giuseppe corse alla ricerca di una donna che l'assistesse; e mentre cercava, vide una vecchia ebrea nativa di Gerusalemme e le disse: "Sei benedetta, vieni, ed entra in questa grotta ove è una donna prossima al parto".  

[3, 1] La vecchia di Gerusalemme. Dopo il tramonto del sole, la vecchia e Giuseppe vennero alla grotta e entrarono tutti e due. Ma ecco che era piena di luce più bella del bagliore delle lucerne e delle candele, e più splendente della luce del sole. Un bambino, avvolto nelle fasce e adagiato in un presepio, succhiava una mammella della signora Maria, sua madre. Ambedue restarono stupiti della luce. La vecchia domandò alla signora Maria: "Sei tu la madre di questo bambino?". Maria annuì; la vecchia allora proseguì: "Tu non assomigli alle figlie di Eva". 

[2] La signora Maria rispose: "Come non v'è alcun fanciullo simile a mio figlio, così la sua madre non ha una eguale tra le donne". Rispose la vecchia: "Padrona mia, io sono venuta a prendere un premio: è da lungo tempo che soffro di paralisi". La nostra padrona, la signora Maria, le rispose: "Poni le tue mani sul bambino". Ciò fatto, la vecchia subito guarì. Dopo uscì esclamando: "D'ora in poi sarò ancella e serva di questo bambino per tutti i giorni della mia vita".  

[4, 1] Adorazione dei pastori. Allora vennero i pastori. Mentre, acceso il fuoco, i pastori se ne stavano in allegria, apparvero loro gli eserciti celesti lodando e celebrando Dio ottimo massimo. Anche i pastori presero a fare la stessa cosa, sicch‚ quella grotta divenne come un tempio del mondo superiore, poich‚ bocche celesti e terrestri glorificavano e magnificavano Dio per la natività del signore Cristo. 

[2] Quella vecchia ebrea vedendo questi palesi miracoli, ringraziò Dio, dicendo: "Ti ringrazio, o Dio, o Dio di Israele, perch‚ i miei occhi hanno visto la nascita del Salvatore del mondo".  

[5, 1] Circoncisione. Giunto il tempo della circoncisione, cioè l'ottavo giorno, per legge il bambino doveva essere circonciso. Lo circoncisero dunque nella grotta; quella vecchia ebrea prese questa membrana, secondo altri invece essa prese il cordone ombelicale, e la mise in una ampolla di vecchio olio di nardo. Aveva un figlio profumiere, e affidandogli quell'ampolla, gli disse: "Guardati dal vendere quest'ampolla di olio di nardo, anche se per essa ti offrissero trecento denari".  Questa è l'ampolla che fu in seguito comprata da Maria, la peccatrice, quella che versò sul capo e sui piedi del signore nostro Gesù Cristo e asciugò poi con i suoi capelli. 

[2] Dopo dieci giorni lo trasportarono a Gerusalemme, e nel quarantesimo giorno dalla nascita lo portarono nel tempio, lo posero davanti al Signore e offrirono per lui i sacrifici prescritti nellaLegge di Mosè: "Ogni maschio che apre la vulva sarà chiamato santo di Dio".  

[6, 1] Presentazione al tempio. Quando la signora vergine Maria sua madre, tutta contenta, lo reggeva tra le braccia, il vecchio Simeone lo vide risplendente come un fascio di luce. Gli angeli facevano cerchio inneggiandogli attorno come vassalli attorno al re. Simeone dunque si affrettò incontro alla signora Maria, stese le mani davanti a lei, e disse al signore Cristo:  

[2] "Mio Signore, manda ora in pace il tuo servo, secondo quanto hai detto. I miei occhi, infatti, hanno visto la clemenza che tu hai preparato per la salvezza di tutti i popoli: luce per tutte le genti e gloria del tuo popolo Israele".  Alla cerimonia era presente anche la profetessa Anna, e si avvicinò ringraziando Dio e felicitandosi con la signora Maria.  

[7, 1] I re magi. Nato il signore Gesù a Betlemme di Giuda, al tempo di re Erode, ecco che dei magi vennero a Gerusalemme, come aveva predetto Zaradusht, portando seco dei doni, oro, incenso e mirra; lo adorarono e gli offrirono i loro doni. La signora Maria prese allora una delle fasce [di Gesù] e la diede loro in ricordo di quanto avevano fatto: essi si sentirono onoratissimi e la presero dalle sue mani. 

[2] Nello stesso momento apparve loro un angelo sotto la forma della stella che prima aveva fatto loro da guida lungo il cammino e, guidati da quella luce, partirono diretti alla loro patria.  figura:  Pagina dedicatoria al principe Eugenio di Savoia,  premessa da J.F. Cramer alla presentazione del manoscritto  del Vangelo di Barnaba  (Amburgo 1713).  

[8, 1] Ritorno dei re magi. Re e principi si rivolsero a loro domandando che cosa avevano visto e fatto, come erano andati e ritornati, che cosa avessero portato seco. Essi mostrarono quella fascia che aveva dato loro la signora Maria. Celebrarono quindi una festa e, secondo la consuetudine, accesero un fuoco e l'adorarono, gettarono in esso quella fascia e il fuoco l'avvolse e l'afferrò tutta in se stesso. Ma appena il fuoco si spense, estrassero la fascia tale e quale era prima, come se il fuoco non l'avesse toccata. 

[2] Incominciarono a baciarla, a imporsela sulla testa e sugli occhi, dicendo: "E' innegabilmente vero che il fuoco non ha potuto bruciarla o rovinarla, è un grande prodigio". Perciò la presero e, con grande amore, la riposero tra i loro tesori.  

[9, 1] Collera di Erode. Visto che i magi se ne erano andati senza ritornare da lui, Erode chiamò i sacerdoti e i sapienti, e disse loro: "Ditemi dov'è che deve nascere il Cristo". Avendo essi risposto: "In Betlemme della Giudea", egli iniziò a progettare l'uccisione del signore Gesù Cristo. L'angelo del Signore apparve allora in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi il fanciullo e sua madre, e vai in Egitto". Al canto del gallo, egli s'alzò e partì.  

[10, 1] Fuga in Egitto. Mentre stava pensando come disporre il suo viaggio , avevano percorso soltanto un breve tratto sopraggiunse il mattino.  Si avvicinava a una grande città, nella quale c'era un idolo al quale offrivano doni e voti tutti gli altri idoli dell'Egitto. A questo idolo prestava servizio un sacerdote che riferiva agli abitanti dell'Egitto e delle sue regioni tutto quanto Satana diceva allorch‚ parlava per mezzo della sua bocca. 

[2] Tale sacerdote aveva un figlio di tre anni, posseduto da alcuni demoni, che parlava di molte cose; e quando i demoni si impadronivano di lui si strappava le vesti, restava nudo, e tirava sassi agli uomini.  In quella città c'era un ospizio dedicato a quell'idolo. Giuseppe e la signora Maria, giunti in città, si recarono a quell'ospizio: i cittadini ebbero un grande timore, tutti i principi e i sacerdoti degli idoli si radunarono presso quell'idolo e gli domandarono: "Che cosa significa l'agitazione e il tremore che ha colpito la nostra terra?".  

[3] L'idolo rispose: "Venne qui un dio nascosto, che è veramente dio. N‚ c'è alcun dio degno di culto divino all'infuori di lui, poich‚ egli è veramente Figlio di Dio. Questa terra l'ha percepito, eperciò al suo arrivo ha tremato e sussultato; noi abbiamo molta paura di fronte alla grandezza della sua potenza". In quell'istante, l'idolo cadde, e alla sua rovina accorsero in massa tutti gli abitanti dell'Egitto e delle altre regioni.  

[11, 1] Guarigione di un indemoniato. Il figlio del sacerdote, colpito dalla solita infermità, entrò nell'ospizio e qui incontrò Giuseppe e la signora Maria, dai quali tutti gli altri erano fuggiti.  La padrona, signora Maria, aveva lavato le fasce del signore Cristo e le aveva stese sopra della legna. Venne dunque il fanciullo indemoniato, prese una di queste fasce e se la pose sul capo; ed ecco che i demoni incominciarono a fuggire dalla sua bocca sotto forma di corvi e di serpenti.  Immediatamente guarito al comando del signore Cristo, il fanciullo incominciò a lodare Dio e a ringraziare il Signore che l'aveva guarito. Il padre, quando lo vide guarito, disse: "Figlio mio, che ti è accaduto? Come mai sei guarito?". Il figlio rispose: "I demoni mi prostrarono a terra, ed io entrai nell'ospizio; qui incontrai una donna augusta, che aveva steso sulla legna le fasce di un fanciullo, fasce lavate di fresco. Io presi una di queste fasce, me la posi sulla testa, e i demoni mi lasciarono fuggendo".  Il padre, molto lieto, disse: "Può essere che questo fanciullo sia figlio del Dio vivo che creò il cielo e la terra. Quando infatti passò da noi, avvenne che l'idolo e tutti gli dèi caddero e si frantumarono a causa della sua maestà".  

[12] Timori della sacra famiglia. Si compì così la profezia che afferma: "Dall'Egitto ho chiamato mio figlio".  Udito che quell'idolo era caduto e s'era spezzato, Giuseppe e Maria ebbero paura e timore, e dissero: "Mentre eravamo nella terra d'Israele, Erode voleva ucciderlo, e per questo uccise tutti i bambini di Betlemme e dei paesi confinanti. Non v'è dubbio che appena avranno saputo quanto accadde a questo idolo, gli egiziani ci bruceranno".  

[13, 1] Banditi. Usciti di là andarono in un luogo infestato da banditi che avevano legato e spogliato molti uomini di bagagli e vestiti. I banditi udirono allora uno strepito grande, simile allo strepito che ha luogo quando un re magnifico entra nella sua città con l'esercito e la cavalleria al suono di tamburi. I banditi, spaventati, abbandonarono tutto quanto avevano rubato. 

[2] I prigionieri si destarono: ognuno sciolse i ceppi dell'altro, presero i propri bagagli e se ne andarono. Avendo visto Giuseppe e Maria che si appressavano, domandarono loro: "Dov'è quel re al cui approssimarsi, si udì un grande strepito e i banditi ci lasciarono, e così abbiamo potuto fuggire sani e salvi?". Giuseppe rispose: "Verrà dopo di noi".  

[14, 1] Indemoniata. Giunsero poi in un'altra città dove c'era una donna indemoniata: era notte, e lei, uscita per acqua, fu assalita da Satana maledetto e ribelle. Lei non poteva sopportare i vestiti n‚ riusciva a stare in casa. Ogni volta che era avvinta da catene e da cinghie, spezzava tutto e fuggiva nuda per luoghi selvaggi: appostata nei crocicchi e sepolcreti tirava sassi agli uomini e causava danni gravissimi ai suoi familiari.

 [2] La signora Maria appena la vide ne ebbe misericordia e Satana subito l'abbandonò; fuggendo sotto la forma di un adolescente, disse: "Guai a me, per causa tua, Maria, e per causa di tuo figlio".  E così la donna fu guarita dal suo male. Conscia della sua propria nudità, ebbe vergogna e si recò dai suoi familiari evitando lo sguardo degli uomini. Quando fu vestita, narrò a suo padre e ai familiari come era andata la cosa. E questi, appartenendo ai nobili della città, diedero una ospitalità onoratissima a Maria e a Giuseppe.  

[15, 1] Donna muta. Il giorno seguente, provvisti del vettovagliamento, si allontanarono da quelli. Alla sera dello stesso giorno giunsero in una città ove si celebrava un matrimonio, ma, a causa degli artifizi di Satana, il maledetto, e per opera di incantatori, la sposa era ammutolita e non poteva più parlare.  

[2] Dopo che era entrata in città la signora Maria portando suo figlio, il signore Cristo, quella sposa, infelice, la guardò, stese le mani verso il signore Cristo, l'attrasse a s‚, lo prese tra le braccia e, stringendolo fortemente, lo baciò. Pose il suo corpicino qua e là sulla sua persona e si inchinò sopra di lui. Il nodo della sua lingua immediatamente si sciolse, si aprirono le sue orecchie, lodò e ringraziò Dio che le aveva restituito la sanità. Nella notte esultarono i cittadini di quella città e credettero che Dio e i suoi angeli fossero discesi presso di loro.  

[16, 1] Altra indemoniata. Restarono là tre giorni, trattati con amore e vivendo splendidamente. Provvisti poi del vettovagliamento, giunsero in un'altra città: qui, come d'abitudine, decisero di pernottare. Ma in quella città c'era una donna onesta dentro la quale si insinuò Satana, il maledetto. Una volta era andata a lavare al fiume, e Satana, sotto forma di serpente, le avvolse il ventre e, al calar della notte, la tormentava in modo tirannico. 

[2] Questa donna, vedendo la padrona signora Maria con il signore Cristo sul suo seno, fu presa dal desiderio e disse alla padrona signora Maria: "Padrona, dammi questo bambino da tenere in braccio e da baciare". Lei dunque lo diede alla donna e appena lo toccò, Satana fuggì e l'abbandonò; e dopo quel giorno la donna non lo rivide più. Tutti i presenti lodarono il sommo Dio. Questa donna poi beneficiò i genitori di Gesù con liberalità.  

[17, 1] Il giorno dopo, la stessa donna prese dell'acqua profumata per lavare il bambino. Dopo averlo lavato, raccolse quell'acqua e ne versò una parte su di una fanciulla il cui corpo era bianco dalla lebbra, e la lavò. Subito la fanciulla fu purificata dalla lebbra.  Quei cittadini dissero: "Non c'è dubbio, Giuseppe e Maria e questo bambino sono dèi, non uomini".  

[2] Quand'essi si preparavano a partire da loro, la fanciulla che aveva sofferto di lebbra li avvicinò pregandoli di accoglierla come compagna di viaggio.  

[18, 1] Bambino lebbroso. Essi acconsentirono e la fanciulla se ne andò con loro; giunsero poi in una città ove c'era un principe illustrissimo che aveva un castello e disponeva di edifici per ricevere ospiti. Essi si diressero qui, e la fanciulla li lasciò per andare dalla moglie del principe.La trovò triste e piangente, e le domandò la causa di questo pianto. "Non ti meravigliare del mio pianto, , le disse , sono oppressa da una amarezza grande della quale non ho ancora parlato a nessuno". "Forse, , disse la fanciulla , io ho un rimedio, purch‚ tu me la riveli e me ne parli".  

[2] Rispose la moglie del principe e disse: "Nascondi questo segreto, non parlarne ad alcuno. Io sposai questo principe che è re e al quale sono soggette molte città. Vissi a lungo con lui ma da me egli non ebbe alcun figlio. Quando finalmente io partorii da lui un figlio, questo era lebbroso. Egli, guardatolo, ne fu indignato e mi ordinò: "O uccidilo o affidalo a una balia che lo porti in qualche località dalla quale non possa giungere di lui assolutamente alcuna notizia. Fin d'ora io non ho nulla a che fare con te, e di qui in poi non ti vedrò mai più". Non so cosa fare e sono oppressa dalla tristezza. Ahimè per mio figlio! Ahimè per mio marito!". "Non te l'ho detto?, disse la fanciulla, , io ho una medicina per il tuo male. Te la indicherò. Anch'io fui lebbrosa, ma fui mondata dal Dio Gesù, figlio della signora Maria".  Alla domanda della donna ove si trovasse questo Dio di cui aveva parlato, la fanciulla rispose: "Si trova proprio qui nella tua stessa casa". "Ma come può essere questo , interruppe l'altra , dov'è?". "Ecco Giuseppe e Maria , disse la fanciulla il bambino che è con loro si chiama Gesù ed è lui che mi ha liberata dalla malattia e dal tormento". "E in che modo , domandò , sei stata guarita dalla tua lebbra? Non me lo vuoi dire?". La fanciulla disse: "Presi da sua madre l'acqua con la quale aveva lavato il corpo del bambino, e me la versai addosso; è così che sono stata purificata dalla mia lebbra".  

[3] S'alzò, allora, la moglie del principe, li invitò a servirsi del suo ospizio, e preparò a Giuseppe un magnifico banchetto in un grande raduno di uomini. Alla sera, Maria prese dell'acqua profumata, lavò con essa il signore Gesù, e poi la versò su quel figlio che aveva preso con s‚: immediatamente il figlio fu purificato dalla lebbra. Cantando ringraziamenti e lodi a Dio, disse: "Beata la madre che ti partorì, o Gesù! E' così che tu purifichi gli uomini, che partecipano della tua stessa natura, con l'acqua che fu versata sul tuo corpo?".  Offrì quindi magnifici doni alla signora padrona Maria, e con grande onore la congedò.  

[19, 1] Sortilegio. Giunsero a un'altra città, dove pensarono di pernottare. Si diressero alla casa di un uomo sposato da poco tempo ma, colpito da malefizio, non poteva godersi la moglie. Passata la notte presso di lui, cessò l'influsso del malefizio.  Allo spuntare del sole, mentre si accingevano a partire, furono fermati dallo sposo che preparò loro un grande banchetto.  

[20, 1] La storia del mulo. Partirono, dunque, il giorno appresso. Vicino ad un'altra città videro tre donne che ritornavano dal cimitero piangendo. Appena le vide, la signora Maria disse alla fanciulla che le accompagnava: "Domanda qual è la loro storia e quale sia il malanno che le ha colpite". Alla domanda della fanciulla, esse non risposero, ma interrogarono a loro volta: "Donde siete voi, e dove siete diretti? Il giorno sta per finire e sopraggiunge la notte".  "Noi siamo dei viandanti , rispose la fanciulla , alla ricerca di un ospizio ove pernottare". Esse replicarono: "Venite con noi e pernottate presso di noi".  

[2] Essi le seguirono e furono introdotte in una bella casa nuova dotata di molta mobilia.  Si era nel tempo invernale, e la fanciulla, quando entrò nella camera di quelle donne, le trovò nuovamente piangenti e in lamentazioni.  C'era anche un mulo coperto di broccato con davanti del sesamo: esse lo baciavano e gli davano da mangiare. La fanciulla disse: "Com'è la faccenda di questo mulo, mie signore?". Piangendo, esse risposero: "Il mulo che tu vedi era nostro fratello, nato dalla stessa nostra madre. Quando il destino volle che morisse il nostro padre, ci furono lasciate delle grandi sostanze; avendo noi soltanto questo fratello abbiamo cercato di farlo sposare, dopo avergli preparato un matrimonio com'è d'uso tra gli uomini.Ma donne, invase da gelosia, lo ammaliarono senza che noi ce ne accorgessimo. 

[3] Così una notte, poco prima che sorgesse il sole, pur essendo chiuse le porte dei nostri edifici, abbiamo visto questo nostro fratello diventare mulo come tu stessa vedi. Noi restammo tristi, senza un padre per consolarci; in questo mondo non abbiamo tralasciato di avvicinare maghi, dotti, incantatori, ma non valsero a nulla. Ogni volta che il nostro petto è oppresso da tristezza, ci alziamo e andiamo con nostra madre, qui presente, a piangere sul sepolcro del nostro padre e, dopo, ce ne ritorniamo". 

[21, 1] Udito ciò, la fanciulla disse: "State tranquille, non piangete, è vicina la medicina per il vostro male; anzi è proprio con voi, in mezzo ai vostri edifici. Anch'io fui lebbrosa, ma appena vidi quella donna e il bambinetto che è con lei, dal nome Gesù, mi versai addosso l'acqua con la quale lei l'aveva lavato e sono guarita. So che egli può offrire un rimedio anche al vostro male. Ora, alzatevi, andate dalla mia signora Maria. Portatela a casa vostra, ditele il vostro segreto, e pregatela umilmente di avere misericordia di voi".  

[2] Udite le parole della fanciulla, le donne si affrettarono a andare dalla signora padrona Maria. La invitarono da loro e, sedute piangendo, dissero: "O signora nostra, padrona Maria, abbi pietà delle tue ancelle. Non abbiamo in famiglia una persona maggiore di noi, n‚ un principale, n‚ un padre o un fratello che ci protegga. Ma questo mulo che vedi, era nostro fratello ed è stato trasformato, come tu vedi, dalle arti magiche delle donne. Ti preghiamo perciò di avere misericordia di noi".  La signora Maria allora, spiacente per la loro sorte, pose il signore Gesù sul dorso del mulo: anche lei si pose a piangere come le altre donne, e disse a Gesù Cristo: "Su, figlio mio, guarisci questo mulo con la tua straordinaria potenza e fa di lui un uomo dotato di ragione come era prima". [3] Appena queste parole uscirono dalla bocca della signora padrona Maria, quel mulo cambiò forma e diventò un uomo: un giovanotto immune da ogni macchia. Egli, allora, con sua madre e le sorelle adorarono la signora padrona Maria e presero a baciare il fanciullo alzandolo sulla loro testa. Dicevano: "Beata tua madre, o Gesù, Salvatore del mondo. Beati gli occhi che godono della gioia del tuo volto!".  

[22, 1] Matrimonio. Le due sorelle dissero alla madre: "Ecco che il nostro fratello è stato restituito alla forma umana con l'intervento del signore Gesù Cristo e l'ausilio salutare di questa fanciulla che ci ha parlato di Maria e di suo figlio.  Ora, siccome il nostro fratello è celibe, è opportuno che gli diamo in sposa questa fanciulla che fa loro da ancella".  Domandarono dunque questo alla padrona Maria e lei annuì.  Prepararono, a questa fanciulla, delle nozze splendide e, mutata la tristezza in gioia e il pianto in tripudio, dalla grande gioia che provavano, incominciarono a godere, a rallegrarsi, a esultare e a cantare, ornate di vesti splendide e pure. Si diedero poi a recitare carmi e lodi, dicendo: "O Gesù, figlio di Davide, tu sei colui che muta la tristezza in gioia e le lamentazioni in letizia".  

[2] Giuseppe e Maria vi rimasero dieci giorni. Poi partirono accompagnati con grandi onori e saluti da quelle persone che, dopo averli salutati, se ne ritornarono piangendo; specialmente quella fanciulla.  

[23, 1] Banditi. Messisi in cammino, giunsero in una regione deserta e, a quanto si diceva, infestata dai ladri. Giuseppe e la padrona Maria pensarono così di attraversare la regione di notte. Ma ecco che lungo il cammino scorgono due ladri sdraiati e con loro una quantità di altri ladri, loro compagni, che dormivano. I due ladri incontrati erano Tito e Dumaco. Tito disse a Dumaco: "Lascia andare costoro, te ne prego, sicch‚ passino inosservati dai nostri compagni". Ma Dumaco si rifiutava; perciò Tito disse nuovamente: "Prenditi da me quaranta dracme, e tienti anche questo come pegno". E gli porse la cintura che aveva, affinch‚ non aprisse bocca e non parlasse.  

[2] La signora padrona Maria vista la bontà di questo ladro verso di loro, disse: "Il Signore Dio ti sosterrà con la sua destra e ti concederà il perdono dei peccati". Il signore Gesù rispose a sua madre, dicendo: "Di qui a trenta anni, o madre, gli Ebrei mi crocifiggeranno a Gerusalemme, e questi due ladri saranno alzati in croce insieme a me. Tito sarà alla mia destra e Dumaco alla sinistra. Dopo quel giorno, Tito mi precederà in paradiso".  Detto questo, lei replicò: "Che Dio ti tenga lungi da ciò, figlio mio". 

[3] Di lì andarono alla città degli idoli: ma al loro approssimarsi essa si trasformò in colline di sabbia.  

[24, 1] A Matarea. Si diressero poi a quel sicomoro che oggi è detto Matarea. Il signore Gesù fece scaturire una sorgente a Matarea nella quale la padrona Maria lavò la sua camicetta. Il balsamo di quella regione deriva dal sudore del signore Gesù che essa vi sparse.  

[25, 1] A Menfi. In seguito discesero a Menfi. Visto il faraone, rimasero per tre anni in Egitto. Il signore Gesù in Egitto fece molti miracoli che non si trovano scritti n‚ nel Vangelo dell'infanzia n‚ nel Vangelo completo.  

[26, 1] Alla volta di Israele. Passato il triennio, Giuseppe ritornò dall'Egitto, ma al confine della Giudea ebbe paura di entrare Udito che Erode era morto e che Archelao, suo figlio, gli era succeduto, nonostante il timore, andò in Giudea. Gli apparve un angelo di Dio e gli disse: "Giuseppe, vai nella città di Nazaret e resta là". 

[2] E' veramente ammirevole che abbiano portato e fatto peregrinare per diverse regioni colui che è il signore di tutte le regioni.  

[27, 1] Peste a Betlemme. Entrati nella città di Betlemme la videro infestata da molte e gravi malattie che colpivano gli occhi dei bambini e ne causavano la morte.  C'era una donna che aveva un figlio malato; era ormai prossimo alla morte quando lo portò alla signora padrona Maria, che lo guardò mentre stava lavando Gesù Cristo. Quella donna le disse: "Mia signora Maria, guarda questo mio figlio afflitto da un grave dolore". La padrona Maria l'esaudì, e disse: "Prendi un po' di questa acqua con cui ho lavato mio figlio, e spruzzala su di lui".  

[2] Essa dunque prese un po' di quell'acqua e la versò su suo figlio come le aveva detto la padrona Maria.  Cessò immediatamente l'agitazione, poi si addormentò un poco per svegliarsi in seguito dal sonno, sano e salvo. Lieta di ciò, la madre lo portò nuovamente alla padrona Maria. La quale le disse: "Ringrazia Dio che ti ha guarito questo tuo figlio".  

[28, 1] Fanciullo agonizzante. Vicino alla donna il cui figlio era stato guarito, ce n'era un'altra ilcui figlio soffriva della stessa malattia: i suoi occhi erano ormai quasi spenti ed egli gridava notte e giorno.  La madre del bambino guarito, le disse: "Perch‚ non porti tuo figlio alla padrona Maria, come io portai il mio quando era ormai agonizzante? E fu poi guarito con l'acqua con la quale era stato lavato Gesù, suo figlio". Udito ciò, anche questa donna andò, prese della stessa acqua e ne lavò suo figlio, e subito il suo corpo e gli occhi guarirono.  Anch'essa, avendo portato suo figlio alla padrona Maria e narrato tutto quanto era accaduto, ricevette l'ordine di ringraziare Dio che aveva ridato la salute a suo figlio, e di non raccontare ad alcuno la cosa avvenuta.  

[29, 1] Fanciullo nel forno. Nella stessa città c'erano due donne, mogli di un solo uomo, e ognuna aveva un figlio febbricitante. Una di queste si chiamava Maria, e il nome di suo figlio era Cleofa. Questa si levò, prese suo figlio e andò dalla signora padrona Maria, madre di Gesù, e offertole un bel velo, disse: "Signora mia Maria, accetta da me questo velo e dammi in cambio una fascia". Maria acconsentì; la madre di Cleofa ritornò a casa e, con la fascia, fece una camicetta che pose addosso a suo figlio, e questo così guarì dalla malattia. 

Il figlio della rivale, nello spazio di ventiquattro ore, morì. Di qui sorse una inimicizia tra loro due. 

[2] Avevano l'usanza di compiere le faccende domestiche a settimane alterne. Quando toccò il turno a Maria madre di Cleofa, riscaldò il forno per far cuocere il pane; lasciato poi il figlio Cleofa al forno se ne ritornò a prendere la massa di farina lavorata per fare il pane. La sua rivale, vistolo solo, mentre il forno acceso stava bruciando, lo prese, lo gettò nel forno, e poi si allontanò. Maria, al suo ritorno, vedendo il figlio Cleofa che se ne stava ridendo in mezzo al forno, mentre il forno si era raffreddato, quasi che in esso non ci fosse il fuoco, comprese che era stata la sua rivale a metterlo nel fuoco. Tiratolo fuori, lo portò alla padrona signora Maria e le raccontò il caso. "Stai zitta , le rispose , non parlare di ciò ad alcuno. Qualora, infatti, tu lo divulgassi, io avrei paura per te". 

[3] La sua rivale essendo andata al pozzo per attingere acqua, vide Cleofa presso il pozzo intento a giocare; osservato che non c'era nessuno, lo prese, lo gettò nel pozzo e poi se ne ritornò a casa. Degli uomini andati al pozzo videro quel ragazzo che se ne stava seduto sulla superficie dell'acqua e discesero a prenderlo. Restarono poi meravigliati di questo ragazzo e lodarono Dio.  Venne poi sua madre, se lo prese e, piangendo, lo portò alla signora padrona Maria, e le disse: "Mia signora, vedi quello che la mia rivale ha fatto a mio figlio gettandolo in quel pozzo. Un giorno o l'altro me lo ucciderà". La padrona Maria rispose: "Dio ti vendicherà su di lei". Più tardi, andata al pozzo ad attingere acqua, la rivale si impigliò con i piedi in una fune e cadde nel pozzo. Vennero sì degli uomini a tirarla fuori, ma aveva il capo contuso e le ossa rotte.  Perì così di mala morte, e in lei si avverò quel detto: scavarono un pozzo profondo, ma caddero nella fossa da loro preparata.  

[30, 1] Un futuro apostolo. Un'altra donna del luogo aveva due figli gemelli. Caduti tutti e due ammalati, l'uno morì e l'altro stava agonizzando. La madre allora lo prese e, piangendo, lo portò alla signora padrona Maria, dicendo: "Mia signora, aiutami e soccorrimi. Ho avuto due figli: uno l'ho sepolto proprio ora e l'altro è in procinto di morire. Vedi come sta supplicando e pregando Dio". Prese poi a dire: "O Signore, tu sei clemente, misericordioso e pio. Mi hai dato due figli: uno me l'hai preso, fammi dono almeno dell'altro".  

[2] La padrona Maria, vedendo l'amarezza del suo pianto, ne ebbe misericordia. "Metti tuo figlio sul letto di mio figlio , le disse , e ricoprilo con le sue vesti". Dopo che l'ebbe posto sul letto ove giaceva Cristo, era ormai morto alla vita e aveva chiuso gli occhi. Ma subito quel fanciullo fu colpito dal profumo delle vesti del signore Gesù Cristo, aprì gli occhi e, chiamando a gran voce la madre, le chiese la poppa; ricevutala, incominciò a succhiarla.  Sua madre allora disse: "Signora Maria, ora riconosco che risiede in te la potenza, tanto che tuo figlio guarisce gli uomini, partecipi della sua natura, al solo contatto con i suoi indumenti".  Questo fanciullo guarito è quello che nel Vangelo è detto Bartolomeo.  

[31, 1] Donna lebbrosa. Una donna lebbrosa andata a trovare la signora padrona Maria madre di Gesù, le disse: "Signora mia aiutami!". La padrona Maria rispose: "Che aiuto vuoi? Vuoi oro e argento? O che il tuo corpo sia mondato dalla lebbra?". Soggiunse quella donna: "E chi mi può offrire questo?". "Aspetta un poco, , rispose la padrona Maria , fino a quando io abbia lavato e posto a letto mio figlio Gesù".  

[2] Come Maria le aveva detto, la donna aspettò. Messo a letto Gesù, porse alla donna l'acqua con la quale aveva lavato il suo corpo, dicendole: "Prendi un po' di quest'acqua e versala sul tuo corpo". Ciò fatto, fu immediatamente purificata, e lodò e ringraziò Dio.  

[32, 1] Altra lebbrosa. Rimasta con lei tre giorni, se ne andò. Giunta in una città incontrò un principe che aveva sposato la figlia di un altro principe; ma presto osservò che la moglie aveva tra i suoi occhi il segno della lebbra sotto forma di stella. Perciò il matrimonio fu sciolto e dichiarato nullo.  Quella donna li vide tutti e due in uno stato di abbattimento di tristezza e pianto, e domandò la causa del loro dolore. Essi risposero: "Non indagare sul nostro stato. Il nostro dolore non possiamo manifestarlo e narrarlo ad alcuno". Ma essa insistette affinch‚ glielo manifestassero, assicurando che forse poteva indicare un rimedio. 

[2] Le presentarono dunque la ragazza con il segno della lebbra che si manifestava tra gli occhi. Appena lo vide, esclamò: "Anch'io qui presente, o donna, ero affetta dallo stesso morbo; a causa di certi affari che mi capitarono, mi recai a Betlemme. Quivi entrai in una grotta e trovai una donna di nome Maria che aveva un figlio chiamato Gesù: vedendomi lebbrosa, ebbe pietà di me e mi porse dell'acqua con la quale aveva lavato il corpo di suo figlio. Me la versai sul corpo e fui purificata". Quelli allora dissero alla donna: "Non potresti, o donna, partire con noi e condurci alla signora padrona Maria?". Essa annuì.  S'alzarono dunque e andarono dalla signora Maria, portando seco dei magnifici regali. 

[3] Entrati e offerti i doni, le mostrarono la ragazza lebbrosa che avevano condotto seco. La padrona Maria disse: "La misericordia del signore Gesù Cristo discenda sopra di voi". E porgendo loro un po' dell'acqua con la quale aveva lavato il corpo di Gesù Cristo, ordinò che lavassero con essa quella poveretta. Compiuto questo, immediatamente fu guarita; ed essi e tutti i presenti lodarono Dio. Se ne ritornarono lieti nella loro città, lodando Dio.  Quando il principe notò che sua moglie era stata guarita, la assunse in casa sua, fece le seconde nozze con lei ringraziando Dio per la riacquistata sanità della moglie.  

[33, 1] Giovane indemoniata. C'era pure una ragazza tormentata da Satana. Questo maledetto le appariva sotto forma di gigantesco dragone e si preparava a inghiottirla; succhiava tutto il suo sangue tanto che era ridotta come un cadavere. Ogni volta che le si avvicinava, lei giungeva le mani sul capo esclamando: "Guai, guai a me! Non c'è proprio nessuno che mi liberi da questo pessimo dragone". Suo padre, sua madre, tutti quelli che le erano vicini o che la vedevano, si dolevano della sua sorte. Molta gente la circondava piangendo e innalzando lamentazioni, soprattutto mentre essa piangeva, dicendo: "O fratelli miei e amici, non c'è proprio nessuno che mi liberi da questo omicida?". 

[2] Ma la figlia di quel principe che era stata liberata dalla lebbra, udendo le grida di questa fanciulla salì sulla terrazza del suo palazzo, la vide piangere con le mani giunte sul capo, mentre tutti quelli che la circondavano piangevano con lei. Allora domandò al marito di questa indemoniata se la madre di lei era ancora viva. Avendole risposto che aveva vivi ancora tutti e due i genitori, disse: "Manda da me sua madre". E quando se la vide di fronte, le disse: "Questa ragazzina fuori di s‚, è tua figlia?". "Sì, o signora, , rispose quella donna triste e in lacrime , questa è mia figlia". "Tieni il segreto, , proseguì la figlia del principe , ti confesso ch'io sono stata lebbrosa e mi ha sanato Maria, la madre di Gesù Cristo. Se vuoi che tua figlia guarisca, portala a Betlemme, cerca di Maria madre di Gesù, e sii fiduciosa che tua figlia sarà guarita: io non dubito che tu ritornerai qui contenta con la figlia in ottima salute".  

[3] Udite le parole della figlia del principe, quella donna prese subito la figlia con s‚, si recò al luogo indicatole, andò da Maria e le manifestò lo stato della figlia. Udita la sua preghiera, la padrona Maria le diede un po' dell'acqua con la quale aveva lavato il corpo di Gesù, ordinandole di versarla sul capo della figlia. Dai pannolini del signore Gesù prese poi una fascia che diede alla fanciulla dicendo: "Prendi questa fascia e mostrala al tuo nemico ogni volta che lo vedrai". E, con i saluti, le congedò.  

[34, 1] La guarigione. Uscite da lei, se ne ritornarono nella loro regione. Giunse in seguito il momento in cui Satana voleva invasarla: ecco apparire questo maledetto sotto forma di un gigantesco dragone. Al vederlo, la fanciulla ebbe paura. Ma la madre le disse: "Non temere, figlia, lascia che ti si avvicini, poi mostragli la fascia che ci ha donato la signora Maria, e vedremo che succederà". 

[42, 1-4] Nel cod. L il capitolo è più breve. Elementi identici sono il serpente e Simone cananeo: costui "aveva sentito una voce venire da una pianta, e credette che fosse la voce di uccellini e stese la mano per prenderli..."; alla fine si osserva, sempre riguardo a Simone: "Ed egli è l'apostolo Simone, detto Qinija a causa del nido dal quale il serpente l'aveva colpito". 

Si tratta, verosimilmente, di una variante alla tradizione comune (cfr. Infanzia di Gesù, 16, 1; Vangelo Ps.-Matteo, 41, 1).  

In questo capitolo si può scorgere, ritengo troppo lontano, un motivo ricorrente nella letteratura indiana antica. 

Si può vedere L. MORALDI, op. cit., II, 1264 ss.; 1282; e 1287 ss. sul serpente; e lo studio di E. COSQUIN, Un ‚pisode d'un ‚vangile syriaque et les contes de l'Inde: le serpent ingraté l'enfant roi et juge, in RB, 16 (1919), 136,157.  [43,50] Nei capitoli 43,50 il cod. L dà varianti di tradizioni già viste, che assunsero forme diverse a seconda dei luoghi e delle culture che le recepirono. 

Per esempio ecco l'inquadramento del capitolo 44 nel cod. L: "Alcuni giorni dopo, i ragazzi giocavano su di un alto terrazzo, si spingevano e uno di essi cadde e morì. 

Si dissero allora l'un altro: "Dite che è stato Gesù a ucciderlo". Presero allora Maria, Giuseppe e Gesù a causa dell'uccisione del ragazzo e li portarono dal governatore. 

I ragazzi che erano con lui testimoniarono che lo aveva ucciso. Il governatore allora sentenziò: "Occhio per occhio, dente per dente e vita per vita (cfr. Es 21, 23,25); Consegnate perciò Gesù affinché sia messo a morte". 

Ma Gesù rispose al giudice: 'Se io chiamassi questo morto ed egli si alzasse e confermasse che non sono stato io a ucciderlo..."".  [55, 1] Con l'aiuto del Dio...: il testo qui dato, che è quello del Tischendorf, pur avendo raccolto un notevole numero di tradizioni che, per noi, gli sono proprie e lo distinguono dalle narrazioni dell'infanzia dell'antichissima tradizione che fa capo a "Tomaso" (o a Giovanni) si mantiene tuttavia nei limiti cronologici tradizionali per gli apocrifi dell'infanzia di Gesù che terminano con la narrazione del Vangelo di Luca, cioè di Gesù a Gerusalemme tra i dottori della legge. Cfr. Infanzia di Gesù, 19, 2 e Ps,Matteo, 42, 1.  

Il cod. L termina il Vangelo dell'infanzia in modo singolare, dopo la narrazione dell'accaduto sulla terrazza (44, 1-3), nei capitoli seguenti fa una sintesi di narrazioni evangeliche, secondo i Vangeli canonici, trattando nell'ordine: di Nicodemo del figlio della vedova di Naim, dei discepoli di Giovanni, del battesimo di Gesù delle nozze di Cana, delle tentazioni, della sepoltura di Gesù, della risurrezione delle dispute tra i Giudei (cfr. più sotto il Vangelo di Nicodemo), delle apparizioni del Risorto, dell'ascensione e della discesa dello Spirito santo.  

In un modo che desta un po' di meraviglia (se non si tiene presente che qui il compilatore riporta in realtà la fonte seguita nelle prime parti), termina con le seguenti espressioni: "E' finito il libro dell'infanzia di Nostro Signore, cioè il racconto della manifestazione di Nostro Signore Gesù Cristo, per sua memoria, adorazione e lode, e questo in data del mattino di sabato quattordicesimo di Shubat dell'anno 1610 di Alessandro il Greco". 

Il colofon: "E lo scrisse il servo che attende la misericordia del suo Dio e il perdono delle sue colpe, Isacco Ben Abi'l Farag Al Qassis Al Mutatabbeb, nella città di Nardin, la custodita, e a Dio la lode e il favore sempre, amen".  

Segue in fine la dossologia di chiaro sapore coranico:  "In nome di Dio clemente e misericordioso: santo è Dio santo; il potente; santo è colui che non muore, che fu crocifisso per noi. 

Abbi pietà di noi o Signor nostro; abbi pietà di noi o Signor nostro; abbi pietà di noi o Signor nostro; abbi pietà di noi o Signor nostro; abbi pietà di noi e fa scendere su di noi il tuo favore. La lode a te o Signor nostro: la lode a te o Signor nostro, la lode a te".

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