Il Vangelo dell'infanzia di Tommaso, chiamato anche Vangelo dello pseudo-Tommaso, è uno dei Vangeli apocrifi, scritto in greco e in siriaco e databile alla seconda metà del II secolo.
Non va confuso con il Vangelo di Tommaso (chiamato anche Quinto Vangelo o Vangelo di Didimo Thoma), opera anch'essa apocrifa, prodotta probabilmente nel II secolo in ambiente gnostico.
L'opera consiste in una raccolta di miracoli compiuti da Gesù tra i 5 e i 12 anni di vita, con l'implicito intento di fornire indicazioni sulla sua infanzia altrimenti taciute dai 4 vangeli canonici.
Ne emerge il ritratto di un Gesù bambino capriccioso e vendicativo,
particolarmente incline a fare un uso tutto personale e spesso 'egoista'
dei propri poteri taumaturgici.
Al pari degli altri Apocrifi, generalmente non è accolto dagli studiosi come fidato testimone del Gesù storico, anche per il genere letterario favolistico-leggendario che contraddistingue la narrazione.
Nonostante la non-ufficialità che caratterizzò questo vangelo nella
Chiesa dei primi secoli, qualche elemento secondario è stato accolto a
livello artistico nella tradizione cristiana successiva.
Il testo si dichiara opera di Tommaso l'Israelita, cioè l'apostolo Tommaso.
Questo collocherebbe la stesura del testo entro il I secolo. Gli
studiosi tuttavia sono attualmente concordi nel ritenere tale
attribuzione pseudoepigrafa.
In alcuni loci traspaiono citazioni implicite di brani del vangelo secondo Luca e di Giovanni
suggerendo una datazione posteriore ad essi (cioè posteriore al I
secolo). La prima citazione del Vangelo dell'infanzia di Tommaso compare
nell'Adversus Haereses di Ireneo,
databile circa al 185. Questo, unitamente a motivi stilistici e
letterali intrinseci al testo, ha portato gli studiosi a ritenere come
possibile data redazionale la metà del II secolo, in seguito a un
periodo di trasmissione orale.
VANGELO DELL'INFANZIA DI TOMMASO
[1, 1]
Io, Tomaso israelita, ho ritenuto necessario fare conoscere a tutti i fratelli
venuti dal gentilesimo i fatti dell'infanzia e le gesta del Signore nostro Gesù compiute in questa nostra regione ove è nato. Il
principio è come segue.
[2, 1] Gesù e i passeri. All'età di
cinque anni questo ragazzo stava giocando sul greto di un torrente: raccoglieva
in fosse le acque che scorrevano e subito le rendeva limpide comandandole con
la sola sua parola. Impastando argilla molle, fece dodici passeri. Quando fece questo era un giorno di sabato. C'erano pure
tanti ragazzi che giocavano con lui.
[2] Un
ebreo vedendo quanto faceva Gesù giocando di sabato,
andò subito a riferirlo a suo padre Giuseppe: "Ecco, tuo figlio è al
ruscello; ha preso dell'argilla e ne ha formato dodici uccellini, profanando il
sabato".
[3]
Giuseppe, recatosi sul posto, vide e lo sgridò dicendo: "Perché di sabato
hai fatto queste cose che non è lecito fare?". Ma Gesù, battendo le mani, gridò
ai passeri dicendo loro: "Andate!". E i
passeri se ne volarono via cinguettando.
[4] A
questa vista, gli ebrei, presi da stupore, andarono a raccontare ai loro capi
quanto avevano visto fare da Gesù.
[3, 1] Gesù e il figlio di Anna. Ma il figlio dello scriba Anna se ne stava là con Giuseppe
e, preso un ramo di salice, faceva scorrere via le acque raccolte da Gesù.
[2]
Quando Gesù vide ciò che accadeva, sdegnato gli
disse: "O cattivo, empio, insensato! Che male ti
hanno fatto le fosse e le acque? Tu pure, ecco che ti seccherai come un albero;
non metterai n‚ foglie, n‚ radici, n‚ frutto".
[3]
Subito quel ragazzo si seccò tutto. Mentre Gesù partì e andò a casa di Giuseppe. I genitori del
(ragazzo) rimasto secco lo tolsero via, piangendo la sua tenera età; lo portarono
da Giuseppe e lo rimproveravano: "Perché hai un figlio che fa tali
cose?".
[4, 1] Gesù urtato da un ragazzo.
Dopo di ciò camminava per il villaggio, quando un ragazzo, correndo, andò a urtare contro la sua spalla. Gesù,
irritato, gli disse: "Non percorrerai tutta la tua strada!". E subito cadde morto.
[2] Ma
alcuni, vedendo ciò che accadeva, dissero: "Dov'è nato questo ragazzo, che
ogni sua parola è un fatto compiuto?". I genitori del morto, andati da
Giuseppe, lo biasimavano dicendo: "Tu che hai un simile ragazzo, non puoi
abitare nel villaggio con noi; a meno che tu gli insegni a benedire e a non
maledire. Egli, infatti, fa morire i nostri ragazzi".
[5, 1]
Giuseppe, chiamato il ragazzo in disparte, lo ammoniva dicendo: "Perché
fai tali cose? Costoro ne soffrono, ci odiano e perseguitano". Gesù rispose: "Io so che queste tue parole non sono
tue. Tuttavia starò zitto per te; ma quelli porteranno
la loro punizione". E subito gli accusatori
divennero ciechi.
[2]
Quanti videro questo, si spaventarono molto, restarono perplessi, e dicevano a
proposito di lui, che ogni parola che pronunciava, buona o cattiva che fosse,
era un fatto compiuto. E divenne una meraviglia.
Vedendo che Gesù aveva fatto una tale cosa, Giuseppe
si alzò, gli prese l'orecchio e glielo tirò forte. Il ragazzo allora si sdegnò
e gli disse: "A te basti cercare e non trovare! Veramente non hai agito in
modo sensato. Non sai che sono tuo? Non mi molestare!".
[6, 1] Gesù e il primo maestro. Un
precettore di nome Zaccheo, trovandosi da quelle parti, udì Gesù
che diceva queste parole a suo padre e si meravigliò grandemente che un ragazzo
parlasse in tal modo. E, pochi giorni dopo, si avvicinò a Giuseppe e gli disse:
"Tu hai un ragazzo saggio, dotato di intelligenza.
Su, affidalo a me, affinché impari le lettere. Con le
lettere, gli insegnerò ogni conoscenza, anche a salutare i vecchi e a riverirli
come gli antenati e i padri, e ad amare i suoi coetanei".
[2] E
gli disse con grande cura e chiarezza tutte le
lettere, dall'Alfa fino all'Omega. Ma, fissando lo
sguardo sul precettore Zaccheo, gli disse: "Tu che non sai la natura
dell'Alfa, come puoi insegnare agli altri la Beta? Ipocrita! Se
la sai, insegna prima l'Alfa, poi ti crederemo quanto alla Beta".
Incominciò poi a interrogare il maestro sulla prima
lettera, ma non gli seppe rispondere.
[3]
Alla presenza di molti, il ragazzo disse allora a Zaccheo: "Ascolta,
maestro, la disposizione della prima lettera, bada come abbia linee e tratti
mediani, vedi le comuni, le trasversali, le congiunte,
le ascendenti, le divergenti... Le linee dell'Alfa sono di tre segni: omogenei,
equilibrati, proporzionati".
[7, 1]
Quando il maestro udì il ragazzo esporre tante e tali allegorie sulla prima lettera,
restò sconcertato davanti alla profondità della
risposta e dell'insegnamento di lui, e disse ai presenti: "Povero me! Io
sfortunato, non so più che fare. Io stesso mi sono procurato la vergogna,
attirando a me questo ragazzo".
[2] Ripigliatelo, dunque, te ne prego, fratello Giuseppe. Non posso sopportare l'austerità del suo sguardo, non so proprio
spiegarmi il suo parlare. Questo ragazzo non è nato terrestre: può domare
persino il fuoco! Forse è nato prima della creazione
del mondo. Quale ventre l'ha portato e quale seno l'ha nutrito? Io non lo so.
Povero me, amico mio. Mi fa andare fuori senno. Non posso più tenere dietro
alla sua intelligenza. Mi sono ingannato: Me tre volte
infelice! Cercavo di avere un discepolo e ho scoperto che avevo un
maestro!
[3]
Penso alla mia vergogna, amici miei, poiché vecchio come sono, fui
superato da
un ragazzo. Non mi resta proprio altro che disperarmi e morire, a causa
di
questo ragazzo, perché in questo momento non posso guardarlo in faccia. E
quando tutti diranno che sono stato superato da un
ragazzino, che cosa potrò replicare? E che cosa potrò
dire in merito a quanto mi ha detto sulle linee della prima lettera? Non
so, amici, perché, di lui, non comprendo n‚ l'inizio n‚ la
fine.
[4] Ti
supplico, dunque, fratello Giuseppe, di ricondurlo a casa tua. Costui, infatti,
è qualcosa di Grande: o un dio o un angelo o non so cosa dire".
[8, 1] Siccome alcuni Ebrei davano consigli a Zaccheo, il
ragazzo rise grandemente, e disse: "Ora portino frutto le cose tue e
vedano i ciechi di cuore. Io sono venuto dall'alto per maledirli, e a chiamarli
alle cose dell'alto, come mi ha ordinato colui che mi
ha mandato a voi".
[2]
Quando il ragazzo cessò di parlare, tutti coloro che
erano caduti sotto la sua maledizione furono subito risanati. Da allora, più
nessuno osava provocarlo, per non essere da lui maledetto e rimanere cieco.
[9, 1] Gesù gioca sulla terrazza.
Alcuni giorni dopo, mentre Gesù giocava sulla
terrazza di un tetto, uno dei bambini che giocavano con
lui cadde dalla terrazza e morì.
[2]
Venuti i genitori del morto, l'accusavano di averlo gettato giù... Ma quelli lo maltrattavano. Gesù allora discese in fretta giù
dal tetto, si fermò vicino al cadavere del ragazzo e disse a gran voce:
"Zenone, Ä questo era il suo nome Ä alzati e dimmi: sono io che ti ho
gettato giù?". E subito, alzatosi, rispose: "No Signore, tu
non mi hai gettato giù, ma mi hai risuscitato". I
presenti rimasero attoniti, mentre i genitori del ragazzo glorificarono Dio per
il segno avvenuto, e adorarono Gesù.
[10, 1] Gesù e il giovane ferito. Pochi giorni dopo, un giovane stava spaccando legna nelle
vicinanze, quando gli cadde la scure e gli spaccò la pianta del piede; perdeva
molto sangue ed era sul punto di morire.
[2]
Essendo sorto un subbuglio e un accorrere di gente, corse là anche il
ragazzo Gesù. Si aprì di forza un passaggio attraverso la folla,
afferrò il piede del giovane colpito e subito fu risanato; e disse al
giovane:
"Ora alzati, spacca la legna e ricordati di me".
Alla
vista dell'accaduto, la folla adorò il ragazzo e disse: "In questo ragazzo
dimora veramente lo Spirito di Dio".
[11, 1] Gesù porta l'acqua nel
mantello. Quando aveva sei anni, sua madre gli diede
un'anfora e lo mandò ad attingere acqua e portarla a casa. Ma
urtò tra la folla e spezzò l'anfora.
[2] Gesù allora spiegò il mantello che aveva addosso, lo riempì
d'acqua e lo portò a sua madre.
[3]
Alla vista del segno che era avvenuto, la madre lo baciò e conservava dentro di
s‚ i misteri che gli vedeva compiere.
[12, 1] Gesù semina. Un'altra
volta, al tempo delle semine, il ragazzo uscì con suo padre a seminare il grano
nella terra. Mentre suo padre seminava, anche il
ragazzo Gesù seminò un chicco di grano.
[2]
Quando andarono a mietere e battere sull'aia, quel chicco fece cento cori;
chiamò allora sull'aia tutti i poveri del villaggio e
regalò loro del grano. Il resto del grano fu portato via da Giuseppe. Quando fece questo segno aveva otto anni.
[13, 1] Gesù aiuta il padre. Suo
padre era falegname, e, in quel tempo, faceva aratri e
gioghi. Una persona ricca gli ordinò di fare un letto. Ma una delle assi,
quella detta trasversale, era troppo corta e Giuseppe
non sapeva che fare.
[2] Il
ragazzo Gesù disse allora a suo padre Giuseppe:
"Metti per terra le due assi e pareggiale da una delle parti".
Giuseppe fece come gli aveva detto il ragazzo: Gesù
si pose dall'altra parte, afferrò l'asse più corta e la tirò a s‚ rendendola
uguale all'altra. A tale vista, suo padre Giuseppe rimase
stupito: abbracciò il ragazzo e lo baciò esclamando: "Me felice, perché
Dio mi ha dato questo ragazzo!".
[14, 1] Gesù e il secondo maestro. Ora, Giuseppe vedendo che il senno e l'età del ragazzo maturavano,
decise nuovamente che non dovesse restare ignorante delle lettere e, condottolo
da un altro maestro, glielo affidò.
[2] Il
maestro disse a Giuseppe: "Gli insegnerò prima le lettere greche e poi
quelle ebraiche". Il maestro, infatti, conosceva la bravura del ragazzo e
aveva paura di lui. Ciononostante scrisse l'alfabeto e si occupava a lungo di
lui con cura; ma lui non rispondeva.
[3] Gesù gli disse: "Se veramente sei un maestro e sai
bene le lettere, dimmi il valore dell'Alfa e io ti dirò quello della
Beta". Ma il maestro si sdegnò e lo picchiò sulla
testa: il ragazzo si sentì male e lo maledisse. Subito quello svenne e cadde
bocconi a terra.
[4] E
il ragazzo se ne tornò a casa da Giuseppe. Ma Giuseppe
ne fu rattristato e ordinò a sua madre: "Non lasciarlo uscire fuori della
porta, perché tutti quelli che lo irritano, muoiono".
[15, 1] Gesù e il terzo maestro. Di
lì a qualche tempo, un altro precettore che era amico intimo di Giuseppe, gli
disse: "Conduci il ragazzo alla mia scuola; forse con molta delicatezza mi
riuscirà di insegnargli le lettere". Giuseppe gli
rispose: "Se non hai alcuna paura, fratello, prendilo con te". E lo prese con timore grande e preoccupazione, ma il ragazzo
lo seguì volentieri.
[2]
Entrò deciso nella scuola, trovò un libro posto sul leggio: lo prese e non
lesse le lettere che c'erano, ma aprì la bocca e parlava nello Spirito Santo
insegnando la Legge a quelli che gli stavano attorno e l'ascoltavano. Accorse
una grande moltitudine e lo circondava ascoltandolo
meravigliata dalla grazia del suo insegnamento, e dalla prontezza delle sue
parole, per il fatto che, ragazzo com'era, parlasse in tal modo.
[3]
Saputolo, Giuseppe ebbe paura e corse alla scuola temendo che anche quel
precettore fosse inetto. Ma il precettore disse a
Giuseppe: "Sappi, fratello, che io ho ricevuto questo ragazzo come uno
scolaro, ma egli è pieno di grazia e di sapienza. Ed
ora ti supplico, fratello, di prenderlo a casa tua".
[4] All'udire questo, il ragazzo sorrise e gli disse:
"Siccome hai parlato rettamente e hai reso una giusta testimonianza, per
amore tuo, anche quello che è stato colpito, sarà risanato". E subito l'altro precettore fu risanato. E
Giuseppe prese il ragazzo e tornò a casa sua.
[16, 1] Gesù e Giacomo. Giuseppe
inviò poi suo figlio Giacomo a raccogliere legna e portarla a casa; e lo seguì
il ragazzo Gesù.
Ora
mentre Giacomo raccoglieva legna, una vipera gli morse la mano; dolorante, era
in procinto di morire, quando gli si accostò Gesù:
soffiò sulla morsicatura, e il dolore subito cessò. La vipera crepò, e Giacomo
fu guarito istantaneamente.
[17, 1] Gesù risuscita un bambino.
Dopo queste cose, nelle vicinanze di Giuseppe, un bambino cadde ammalato e
morì: sua madre piangeva disperata.
Sentito che c'era gran pianto e confusione, Gesù
corse presto: trovò il bambino morto, gli toccò il petto e disse: "Dico a
te, bambino, non morire, ma vivi e resta con tua madre". Subito alzò lo sguardo e sorrise.
Disse poi alla donna: "Prendilo, dagli il latte,
e ricordati di me".
[2] A
tale vista, la folla circostante rimase stupita, e disse: "Davvero! Questo
ragazzo è un Dio o un angelo di Dio, poiché ogni sua parola è un fatto
compiuto".
Gesù
poi uscì di lì e si mise a giocare con gli altri ragazzi.
[18, 1] Gesù risuscita un operaio. Dopo un certo tempo, si stava costruendo una casa, quando nacque un
tumulto; e Gesù, alzatosi, andò là. Vide un
uomo che giaceva morto, gli prese la mano e disse: "Dico
a te, uomo, alzati e fai il tuo lavoro". E
immediatamente s'alzò e l'adorò.
[2] A
questa vista, la folla si stupì e disse: "Questo ragazzo è del cielo! Poiché ha salvato molte anime dalla morte, e può salvarne
per tutta la vita".
[19, 1] Gesù nel tempio. Quando
ebbe dodici anni, i suoi genitori andavano, secondo l'usanza, a Gerusalemme per
la festa di Pasqua insieme alla loro carovana; e dopo la Pasqua se ne tornavano a casa.
Ma
quando loro ritornarono, il ragazzo Gesù tornò
indietro a Gerusalemme, mentre i suoi genitori pensavano che egli fosse nella
carovana.
[2]
Dopo avere percorso la strada di un giorno, lo ricercarono tra i loro parenti
e, non avendolo trovato, ne furono afflitti e tornarono di nuovo in città in
cerca di lui. Dopo tre giorni, lo ritrovarono nel tempio seduto in mezzo ai
dottori mentre li ascoltava e li interrogava. Tutti ascoltavano e si stupivano
che, ragazzo com'era, chiudesse la bocca agli anziani
e ai dottori del popolo, esponendo i punti principali della legge e le parabole
dei profeti.
[3] Sua madre Maria gli si accostò e gli disse: "Figlio,
perché ci hai fatto questo? Ecco che noi, addolorati, ti cercavamo". Gesù rispose loro: "Perché mi cercate? Non sapete che
devo essere nella casa di mio Padre?".
[4] Ma
gli scribi e i farisei le domandarono: "Tu sei la madre di questo
ragazzo?". "Lo sono", lei rispose. Le dissero allora:
"Beata tu tra le donne, poiché Dio ha benedetto il frutto del tuo seno.
Noi, infatti, non abbiamo mai visto n‚ udito una tale gloria, virtù e
sapienza".
[5] E Gesù, levatosi, seguì sua madre ed era sottomesso ai suoi
genitori. Ma sua madre custodiva tutti questi
avvenimenti. Gesù poi cresceva in sapienza, in
statura e grazia. A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
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