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mercoledì 14 dicembre 2022

MOSTRI MARINI


IL RACCONTO DEL CAPITANO JOHN RIDGWAY



Nel 1966, il Capitano John Ridgway, si era appisolato ai remi della sua imbarcazione, mentre stava navigando in piena notte nell'Atlantico settentrionale, quando: "Fui richiamato alla piena coscienza da un rumore sibilante a prua, guardai in acqua ed improvvisamente vidi contorcersi la sagoma sinuosa di una grande creatura. I suoi contorni erano sottolineati da una specie di fosforescenza nel mare, come se una serie di luci al neon fosse appesa ai suoi fianchi. Era lunghissima, 10 metri se non di più e si dirigeva verso di me a tutta velocità. Devo averla osservata per circa dieci secondi e veniva dritto verso di me e scomparve proprio sotto la mia imbarcazione".

Il testimone non era un sognatore, tutt'altro, stava tentando l'epica impresa di attraversare l'oceano a bordo di una barca a remi, con il compagno d'avventura Chay Blyth, che al momento dell'avvistamento, si era addormentato.

John Ridgway e Chay Blyth.


Il suo racconto continua: "Non sono una persona molto fantasiosa quindi cercai una spiegazione razionale. Chay ed io avevamo avvistato balene e squali, delfini e focene, pesci volanti ed ogni sorta di cretaure marine, ma questo mostro nella notte, non apparteneva ad alcuna di quelle specie. Dovetti ammettere, controvoglia, che poteva essere una cosa sola, un serpente di mare".

La riluttanza del capitano è più che comprensibile, poichè negli ultimi 2 secoli, gli avvistamenti di "mostri marini" sono sempre stati accolti con incredulità.

Quando, nei primi dell'800, alcuni pescatori scandinavi riferirono di aver visto un calamaro gigante, si ritenne che lo avessero inventato di sana pianta, sotto effetto di bevande alcoliche, visto che i profani del tempo sapevano che non esistevano calamari oltre i 20-25 centimetri di lunghezza.

E quando il comandante e tutto l'equipaggio della corvetta francese "Alécton", in viaggio da Cadice e Tenerife nel 1861, riferirono di aver tentato di catturare un calamaro gigante, con tentacoli lunghi più di 2 metri, l'Accademia Francese delle Scienze concluse che, i testimoni, erano stati evidentemente vittime di un'allucinazione di massa.

Ma il capitano John Ridgway, vide il suo mostro marino ed era perfettamente lucido e sveglio, quando lo scorse tra le acque.

Sia lui che Blyth erano paracadutisti dell'esercito britannico in licenza e stavano attraversando l'Oceano, nell'intento di eseguire un esperimento di sopravvivenza.

Al loro ritorno, raccontarono la storia di quei terribili 92 giorni di mare: "Posso soltanto dire quello che ho visto con i miei occhi ed ora non sono più scettico", riferì Ridgway.



RACCONTI DI MOSTRI DALLA PREISTORIA AI GIORNI NOSTRI

Drago sconfitto da San Giorgio.

Dai draghi ricoperti di scaglie che sputavano fuoco e dalle idre multicefale dei tempi antichi, alle misteriose creature subacquee ed agli uomi scimmia dei nostri giorni, i mostri, immaginari o reali, hanno regolarmente popolato le leggende del passato.

La bestia soprannaturale ha da sempre mostrato una costante dualità: affascina ed è allo stesso tempo repellente, ispira una certa esaltazione ma, indubbiamente, incute anche paura e funge da simbolo per forze naturali che, altrimenti, sarebbero inspiegabili, oltre che da bersaglio per lo spirito eroico degli uomini.

Una leggenda babilonese, racconta come Marduk trucidò gli eserciti dei draghi di Tiamad, la dea del male, per creare l'Universo del quale si mise a capo.

In una saga scandinava, Sigurd sconfigge il drago Fafnir per raggiungere il nascondiglio segreto dell'oro e di un anello maledetto.

Anche la cristianità ha avuto i suoi draghi, come ad esempio San Giorgio uccise un drago, per liberare una popolazione pagana terrorizzata e convertirli al cristianesimo, il quale fu fatto precipitare all'Inferno.

Nel suo libro Il Mondo Incantanto, lo psicologo infantile Bruno Bettelheim, esplora l'importanza psicosociale delle fiabe ed asserisce che gli uomini creano mostri per dare una forma alle loro paure, e cita testualmente: "Le ansietà senza nome sono molto più minacciose di qualsiasi cosa alla quale possiamo dare un nome ed una forma, qualsiasi cosa sappiamo, o crediamo di sapere, è più confortante dell'ignoto".

Il biologo inglese, John Napier, fanatico di mostri sosteneva: "Scimmie mostruose come il fantastico King-Kong, sono dei comodi ricettacoli per tutto ciò che vi è di selvaggio, ignobile e libidinoso in un uomo".

L'uomo primitivo, temendo l'ignoto, immaginava un mondo sotterraneo malvagio e buio, nel quale il Sole scompariva ogni notte e, dai libirinti di quella voragine, usciva un drago dall'alito infuocato, prototipo dei mostri immaginati dall'uomo: una creatura gigantesca, infernale, con le sembianze di rettile, simile ad un incrocio tra un serpente ed una lucertola e con in più una forma larvata di malvagia intelligenza, che paralizzava le vittime.

Secondo i diversi luoghi e le diverse epoche, i draghi diventavano più grandi, acquisivano ali, si facevano spuntare altre teste, esalavano vapori tossici, occupavano una posizione intermedia tra le creature acquatiche e terrestri, diventavano ora buoni ora cattivi.

Comparvero in Egitto ed in Mesopotamia circa 3.000 anni a.C. ed in India soltanto un pò più tardi.

La mitologia classica dell'antica Grecia e di Roma, è fitta di episodi di lotta di mitici eroi contro beste immonde, composte  da creature mostruose, bestie feroci e malefici esseri umani.

In pieno Medioevo, gli Europei consideravano i draghi come la personificazione del male e li ritenevano portatori delle temibili epidemie, come la Peste, che infierivano sulla Terra, ispirate dalla collera divina.

Le leggende poco plausibili, nate dall'ignoranza e dalla superstizione, sono facili da sfatare, più difficile rifiutare l'opera di Edward Topsell, pubblicata nel 1608 con il titolo Historie of Serpents, nella quale l'autore descrive come un drago riesca ad avvolgersi intorno ad un animale di mole considerevole e stringerlo nelle sue spire fino a stritolarlo.

Spiega Topsell: "Vengono e si celano dietro agli alberi, nascondendo la testa e lasciando l'altra parte pendere come una corda. In questa posizione stanno all'erta, finchè arriva l'elefante per nutrirsi ai rami dell'albero, poi improvvisamente gli balzano in testa e gli strappano gli occhi. Quindi si aggrappano al suo collo e, con la coda o gli arti posteriori, frustano e feriscono l'animale finché non gli fanno perdere il fiato, per poterlo strangolare con gli arti anteriori, mentre continuano a frustarlo con quelli posteriori".

Questa descrizione di un grande pitone, di circa 10 metri di lunghezza, nella realtà non sarebbe possibile, in quanto non attaccherebbe mai un grande elefante, a meno che non si tratti di un picccolo esemplare rimasto lontano dal branco.

Pochi, in Europa, avevano avuto il privilegio di vedere dei pitoni, ma già in tempi antichi si raccontavano storie di animali straordinari, nei quali oggi potremmo riconoscere elefanti, giraffe, tigri del Bengala, ippopotami e coccodrilli.

Nel V e nel IV secolo a.C., i viaggiatori al loro ritorno, intrattenevano i loro ascoltatori, con descrizioni di stranezze umane, raccontando di aver visto gente con testa di cane od addirittura senza, esseri con un unico grosso piede o piedi caprini, tribù con orecchie enormemente allungate con labbra pendule, o gente con un occhio solo o lunghe code pelose. (vedi foto sotto).

Le figure grottesche, di cui parlavano i viaggiatori greci, apparvero nel Liber Chronicarum nel 1493.

Può darsi che simili racconti nascessero dall'osservazione erronea di esseri malformati, da cerimonie in cui si indossavano maschere cerimoniali o che intravedevano gorilla e scimmie che camminavano eretti.

Nel suo libro Bestie e Demoni Favolosi, lo studioso Heinz Mode, disse: "L'aspetto del mostro si fonda sempre sull'osservazione della natura e, dall'altra parte, ciò che lo caratterizza è l'esagerazione e la mescolanza di forme, la combinazione delle qualità, delle capacità e dei poteri di vari esseri naturali in una figura composta, processo che può soltanto avvenire nell'immaginazione umana".

Aristotele, nella sua Storia degli Animali del IV secolo a.C., raccontava che in Libia i serpenti erano molto grandi, basandosi sui resoconti di alcuni marinai, che avevano navigato lungo quelle coste e dicevano di aver visto le ossa di molti buoi, che sembravano essere stati divorati dai serpenti.

Secondo questi marinai, mentre le navi procedevano i serpenti li attaccarono, tanto da capovolgere una Trireme e tali creature marine furono ulteriormente elaborate durante il Medioevo ed arricchite dalla fantasia popolare.

Olaus Magnus, arcivescovo di Uppsala, nel suo libro del 1555, intitolato Storia dei costumi de' Popoli Settentrionali, parla di un serpente scandinavo, che misurava circa 60 metri con uno spessore di 6 metri, che veniva avvistato dai marinai e naviganti, nelle acque costiere della Norvegia.

Nel suo libro scrisse: "Ha una criniera che scende dal suo collo di peli lunghi un cubito, (circa 46 centimetri), e scaglie aguzze ed è nero, con i suoi occhi fiammeggianti".

 

Opera del XVI secolo di Olaus Magnus, in cui è raffigurato un mostro marino che avvolge con le sue spire una nave.

Anche un missionario norvese, Hans Egede, due secoli più tardi avvistò, mentre si trovava in viaggio verso la Groenlandia, con il suo vascello che si stava avvicinando alla colonia danese di Buona Speranza nello stretto di Davis, qualcosa di inquietante: "Anno 1734, Luglio. Il giorno 6 apparve un animale marino veramente terribile, che si rizzò in alto sopra l'acqua, che la sua testa superò l'altezza della coffa. Aveva un lungo muso appuntito, soffiava come una balena, aveva grandi pinne larghe ed il corpo era ricoperto di pelle ruvida. Inoltre, la parte inferiore era simile ad un serpente e quando si tuffò di nuovo in mare, alzò la coda sopra l'acqua ad una distanza dal corpo pari all'intera lunghezza della nostra nave".

Di tutti i serpenti di mare della leggenda, il pià famoso e straordinario era di gran lunga il Kraken.

Attacco di una nave da parte di una piovra gigante, detta Kraken. nel disegno del naturalista francese Denis de Montfort.

 

Il vescovo di Bergen, Erik Pontoppidan, nella sua opera Natural History of Norway, pubblicata nel 1755, scrisse: "Tra le molte grandi cose che stanno nell'Oceano vi è il Kraken. Questa creatura è la più grande e la più sorprendente di tutti gli animali della creazione".

Quando il Kraken veniva a galla, secondo la tradizione popolare, copriva una distanza di oltre 2 km ed i marinai, scambiando la sua vasta sagoma per un'isola, vi approdavano ed accendevano fuochi da campo per prepararsi a trascorrere la notte e, talvolta, il Kraken reagiva e si immergeva nel mare lasciando i marinai allibiti a dibattersi nell'acqua.

Verso la fine dell'anno 1861, il tenente Bouyer, comandante della corvetta Alecton, era in viaggio da Cadice a Tenerife e nel suo resoconto di viaggio, scrisse: "Il 30 novembre, a cento miglia a nordest di Tenerife, alle 2 del pomeriggio, incontrammo un animale mostrouso che riconobbi come la piovra gigante, la cui esistenza è stata tanta controversa e che ora sembra relegata nel regno del mito".

Gli uomini dell'Alecton arpinarono l'essere tentacolato e passarono un cappio intorno a ciò che sembrava una coda ma, con un violento strattone, la creatura strappò l'arpione liberandosi e, quando l'equipaggio issò la corda, gli uomini trovarono soltanto un frammento, di circa 20 kg, dello spaventoso mostro che avevano tentato di catturare.

Bouyer riferì: "Vedemmo la creatura abbastanza da vicino per poterne dare una descrizione esatta. Era in realtà un calamaro gigante, ma la forma della coda indicava la sua appertenenza ad una specie non ancora descritta. Il corpo sembrava misurare dai 4,5 ai 5,5 metri di lunghezza e la testa aveva un becco simile a quello di un pappagallo, circondato da 8 tentacoli lunghi circa 1 metro e mezzo. L'aspetto era alquanto terrificante, era rosso mattone, informe e viscido, repellente e terribile".

Purtroppo il frammento di carne imputridì prima che i marinai dell'Alecton giungessero in porto e, quindi, non fu mai studiato, concludendo che il capitano ed i suoi uomini erano state vittime involontarie di un'allucinazione collettiva.

Il 20 novembre del 1875, l'Illustrated London News, riportò il racconto di una lotta mortale avvenuta tra un serpente di mare ed una balena, al largo della costa brasiliana.

Il giornale scrisse: "Il capitano Drevar, comandante del brigantino Poline, che trasportava un carico di carbone dai magazzini navali di sua maestà a Zanzibar, notò 3 grandi capodogli, uno dei quali era avvolto da due strette spire, di ciò che sembrava un grande serpente. Questi aveva il dorso marrone scuro ed il ventre bianco, con una testa immensa dalla bocca spalancata. Oltre alla parte arrotolata, dalla testa alla coda misurava circa 10 metri, mentre la circonferenza era di circa 3 metri. Facendo leva con le estremità, il serpente continuò ad avvolgersi sempre più strettamente attorno alla sua vittima per circa 15 minuti e, poi di colpo, trascinò la balena sott'acqua a testa in giù".

Arazzo del XIV secolo raffigurante un'idra a sette teste.


Vent'anni dopo questo episodio, vennero alla luce prove innegabili che, almeno un tipo di mostro marino incredibile, il Calamaro Gigante, esisteva effettivamente nelle profondità del mare.

Intorno al 1870, il mare riversò sulle coste settentrionali dell'Atlantico, un gran numero di carcasse di grandi animali tentacolati ed almeno uno di quei mostri fu trovato vivo.

Il 2 novembre del 1878, tre pescatori di Thimble Tickle a Terranova, videro un enorme animale marino che stava lottando contro la maera.

Arpionarono la creatura con una fiocina e quando le ondel la sospinsero sulla spiaggia, la legarono ad un albero.

Il corpo dell'animale misurava 7 metri ed i suoi tentacoli erano di circa 10 metri ciascuno e fu subito rinominato come il Calamaro di Thimble Tickle.

Immagine moderna di un Calamaro di Thimble Tickle.

Le sue ventose erano larghe 10 centimetri, ricordando la versione in piccolo del famoso Kraken e molti balenieri parlarono spesso di capodogli, il cui corpo recava cicatrici di ventose di oltre 50 centimetri di diametro, facendo pensare ad esseri giganti di circa 80 metri.

Lo zoologo belga, Bernard Heuvelmans, raccolse 587 racconti di avvistamenti di mostri marini, tra il 1639 ed il 1966.

Dopo aver eliminato i probabili errori, falsi deliberati e racconti troppo vaghi, rimasero 358 casi attendibili.

Su schede perforate annotò i minimi particolari di questi avvistamenti con un'analisi computerizzata, che gli permise di elencare 9 diversi tipi di creature subacquee non ancora classificate, tra cui calamari di 18 metri e balene di oltre 30 metri.

Oggi, gli scienziati, hanno scoperto specie animali che corrispondono alle descrizione fatte sui mostri marini, in quanto molte di esse si ritenevano estinte e sono state ritrovate a parecchi metri di profondità, dove in passato era quasi impossibile immergersi.

Tra questi la Latimeria, ultimo rappresentante del famoso Celacanto, che si pensava fosse estinto da 65 milioni, finchè non venne trovato un esemplare in Sudafrica nel 1938.

Il Carcharhinus leiodon, un altro pesce della famiglia degli squali, che si riteneva estinto ma, recentemente ne è stato avvistato un esemplare in vendita in Kuwait, su un banco di pesce dove era stato fatto a tranci.

Un agente del del Western Australia Parks and Wildlife, ha notato due esemplari nuotare al largo della costa occidentale dell’Australia, nella zona della barriera corallina di Ningaloo, ed ha scattato la foto sotto, dove si vedono 2 esemplari di Aipysurus Apraefrontalis, una specie di serpente marino che si pensava fosse estinto. 

Due esemplari di Aipysurus apraefrontalis, serpenti marini che si riteneva fossero estinti, fotografati in Australia da un agente del Western Australia Parks and Wildlife.

Gorilla, panda giganti, ippopotami pigmei, orche marine, okapi, platypo o draghi di Komodo, facevano sorridere gli scettici  finchè non si scoprì che esistevano realmente.

Francis Hitching, conclude: "Più si fanno ricerche in questo campo, più sicuri si diventa che sempre interverrà  qualcos'altro in aggiunta al modello dell'Universo che ci è diventato familiare".

Questo "qualcos'altro" è il vero mistero ed il vero mostro, manifestazioni fisiche delle paure dell'inconscio ed il nostro bisogno di dover dare loro delle forme.





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