STORIA DEL MANOSCRITTO VOYNICH
Pagina del manoscritto di Voynich. |
Era il 1912 quando un collezionista di libri rari, Wilfred Voynich, era riuscito ad acquistare il manoscritto, ritrovato in un antico baule conservato nella scuola gesuitica di Mondragone a Frascati, datato tra il 1404 ed il 1438.
Il volume, di circa 16 per 22 cm, composto da 204 pagine, di cui 28 andate perdute, era scritto in cifrato con calligrafia medievale su pergamena di vitello.
Le pagine erano ricamate con lievi disegni di corpi nudi femminili, diagrammi astronomici ed ogni genere di pianta a più colori.
Wilfrid Voynich. |
Il manoscritto era accompagnato da una lettera, datata 19 agosto 1666, scritta da Joannes Marco Marci, rettore dell'Università di Praga, ed indirizzata al gesuita Athanasius Kircher, dove si descriveva l'acquisto del libro per 600 ducati dall'imperatore del Sacro Romano Impero, Rodolfo II di Praga.
Secondo alcuni studi il libro arrivò a Praga portato dall'Inghilterra, nel 1584 da John Dee, mago di corte della regina Elisabetta.
Il rettore dell'Università di Praga, Joannes Marco Marci. |
Dee avrebbe ottenuto il manoscritto dal duca di Northumberland, che aveva saccheggiato i monasteri inglesi su ordine di Enrico VIII.
John Dee, mago alla corte della regina Elisabetta, portò il manoscritto di Voynich a Praga. |
DESCRIZIONE DEL MANOSCRITTO VOYNICH
A prima vista il libro potrebbe essere definito un erbario, viste le tavole riportanti svariati tipi di fiori e piante, alcune delle quali non più esistenti.
Anche la presenza di diagrammi e tavole astronomiche e zodiacali è giustificata dal fatto che, le piante venivano raccolte con la luna piena o quando stelle e pianeti si trovavano in una certa data e collocazione celeste.
Presenta, inoltre, varie lingue tra cui latino, inglese medievale e lingua d'Oc assieme a molti nomi immaginari, come per le costellazioni.
L'alfabeto in cui è scritto il codice, è un insieme di simboli e ignoti, senza punteggiatura autonoma, sostituita da alcuni simboli sulle lettere, per indicare accenti ed organizzazioni delle frasi.
Tutte le lettere sono minuscole e non ci sono casi di consonanti doppie nelle parole e si trovano abbreviazioni in latino.
Il libro è suddiviso in sezioni, a seconda del tema delle illustrazioni:
Sezione I (fogli 1-66): chiamata botanica, contiene 113 disegni di piante sconosciute.
Sezione II (fogli 67-73): chiamata astronomica o astrologica, presenta 25 diagrammi che sembrano richiamare delle stelle. Vi si riconoscono anche alcuni segni zodiacali. Anche in questo caso risulta alquanto arduo stabilire di cosa effettivamente tratti questa sezione.
Sezione III (fogli 75-86): chiamata biologica, nomenclatura dovuta esclusivamente alla presenza di numerose figure femminili nude, sovente immerse fino al ginocchio in strane vasche intercomunicanti contenenti un liquido scuro.
Subito dopo questa sezione vi è un foglio ripiegato sei volte, raffigurante nove medaglioni con immagini di stelle o figure vagamente simili a cellule, raggiere di petali e fasci di tubi.
Sezione IV (fogli 87-102): detta farmacologica, per via delle immagini di ampolle e fiale dalla forma analoga a quella dei contenitori presenti nelle antiche farmacie. In questa sezione vi sono anche disegni di piccole piante e radici, presumibilmente erbe medicinali.
L'ultima sezione del manoscritto Voynich comincia dal foglio 103 e prosegue sino alla fine. Vi figurano solo stelline a sinistra delle righe, e si crede si tratti di una sorta di indice.
DECIFRAZIONE DEL MANOSCRITTO VOYNICH
Il gesuita Athanasius Kircher, il primo che cercò di decifrare il codice Voynich. |
Uno dei primi fu senza dubbio Athanasius Kircher, che cercò di decifrare il testo ma senza successo.
Successivamente molti analisti, filologi, studiosi, linguisti, astronomi e persino la Biblioteca Vaticana, cercarono invano di scoprire il segreto o codice, che avrebbe permesso la sua decifrazione.
Nel 1921 il professor William Romaine Newbold, annunciò di essere riuscito a decifrare il codice Voynich.
Il filologo William Romaine Newbold. |
Secondo lui, la chiave era far corrispondere a ciascun simbolo una lettera dell'alfabeto romano, riducendo il gruppo da 29 a 17 unità.
Utilizzando il vocabolo latino "Conmuto" o "Commuto", che significa permuto, come parola chiave, era riuscito a ricavare più di quattro versioni del testo, di cui l'ultima derivata da vocaboli latini e da loro anagrammi.
Rimettendo assieme il tutto, aveva ottenuto una copia leggibile del manoscritto, ma il crittografo David Kahn, poneva in risalto alcuni punti deboli del metodo proposto.
Il metodo, che consiste nel raddoppio delle lettere che compongono una parola, da la soluzione al testo con l'ausilio della parola chiave conmuto e con l'aggiunta della lettera "q", dunque è certamente possibile decifrare i messaggi ma è impossibile decrittarli.
Il crittologo David Kahn. |
Provò ad immaginare perchè l'ipotetico redattore del manoscritto, ci tenesse tanto a nascondere il suo lavoro, ricordando un caso più antico di occultamento, ovvero quello rinvenuto su una tavoletta di argilla, impressa con caratteri cuniformi e databile attorno al 1.500 a.C..
Alla morte di Newbold, nel 1926, il suo amico Roland G. Kent, diede alla stampa il risultato delle sue ricerche, accettato dalla maggior parte degli studiosi.
Il Dottor John Matthews Manly, allievo di Newbold, massimo esperto di decodifica di testi e membro dei servizi segreti degli Stati Uniti, non era soddisfatto delle ricerche.
John Matthews Manly. |
Famoso per aver decifrato una lettera in codice, ritrovata nel bagaglio di una spia tedesca, che si faceva chiamare Lothar Witzke, catturata nel 1918 a Nogales, in Messico, riuscì a svelare il testo davanti la Corte Marziale e far incriminare Witzke.
Manly si dedicò all'analisi del libro di Newbold e del suo metodo, giungendo alla conclusione che l'autore si sia autoingannato.
Ovvero, molte frasi potevano essere anagrammate in dozzine di frasi tutte diverse tra loro e si era reso conto che, alcuni tratti calligrafici abbreviati, osservati con la lente di ingrandimento, erano semplici impuntature della penna, che forse si era incastrata nella pergamena, lasciando segni e lettere incompleti.
Questo suo studio dimostrò che Newbold non aveva trovato la chiave di decodifica del testo.
Nel 1933 il medico, Leonell C. Strong, pubblicò alcuni frammenti di traduzione, rivelando che il testo altro non era che un erbario, scritto da un certo Anthony Ascham.
Nel 1947 Leonell C. Strong pubblicò una traduzione di due pagine del manoscritto Voynich in cui affermava che l'autore era Anthony Askham. |
Ma Strong non riuscì mai a chiarire il sistema con il quale era giunto alla comprensione del testo e quindi gli studiosi non gli diedero credito.
William F. Friedman, durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale, aveva fondato un gruppo di studiosi per studiare il manoscritto Voynich, anche lui senza risultati.
William Friedman. |
Nel 1960, alla morte di Ethel Voynich, moglie di Wilfrid Voynich, l'antiquario Hans Kraus entrò in possesso del libro e lo mise all'asta per la cifra di 160.000 sterline.
Ma non lo acquistò nessuno e nel 1969 lo donò all'Universita di Yale, dove si trova tutt'ora, in attesa di qualche studioso capace di decifrarlo.
Negli ultimi anni decine di moderni ricercatori hanno annunciato di aver decifrato il libro, come fece Nicholas Gibbs nel 2017, quando dichiarò che il codice altro non era che un manuale per la salute delle donne, con ricette per preparare medicamenti.
Nicholas Gibbs. |
Nel 2018, l'ingegnere turco Ahmet Ardiç, sostenne che il testo era una versione fonetica del turco antico.
L'ingegnere turco Ahmet Ardiç. |
Gerard Cheshire, ricercatore dell'Università di Bristol, nel 2019 dichiarò di aver decifrato l'incomprensibile testo e che fosse stato redatto da una suora domenicana del convento del Castello Aragonese di Ischia e dedicato alla regina d'Aragona Maria di Castiglia, contenente una specie di manuale medico.
Gerard Cheshire. |