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mercoledì 14 dicembre 2022

OCCULTISMO


STORIA E SVILUPPO DELL'OCCULTO E RAPPORTI CON LE ALTRE DISCIPLINE


Cerimonia dell'occulto


Termine coniato dal noto autore di arcane discipline Eliphas Levi, vero nome di Alphonse Charles Constant, verso la fine dello scorso secolo, al fine di indicare il complesso di dottrine costituito da ermetismo, magia e cabala, si riferisce alla conoscenza di ciò che è "nascosto".

Il termine assunse poi, negli anni successivi, un più ampio significato, essendo chiamato a designare tutte le discipline non contemplate dalla scienza ufficiale: alchimia ed arti divinatorie, fenomenologia paranormale ed astrologia, tecniche magiche e filosofia intuitiva.

In tale prospettiva, l'occultismo rappresenta una sorta di volgarizzazione, anzi di antitesi dell'esoterismo.

Si contrappone anche alla moderna parapsicologia, in quanto i suoi adepti ritengono che i metodi e la mentalità della scienza ufficiale saranno sempre inadatti a penetrare tra le leggi ed i fatti, (enti e forze), che agirebbero dietro il velo dei fenomeni fisico-chimici.

Con la nascita della Società Teosofica, (clicca qui per leggere il mio articolo in proposito), della veggente Helena Petrovna Blavatsky e di Henry Steel Olcott, l'occultismo ebbe un impulso determinante alla sua diffusione, vista l'intenzione della Società di unire tutte le religioni e sette in una comune etica.

Simbolo della Società Teosofica

Anche la Società Antroposofica, fondata da Rudolf Steiner, (clicca qui per leggere il mio articolo in proposito), teorizzava, tra l'altro, che fosse arrivato il tempo di condividere con il genere umano i misteri dell'occulto, attraverso la conoscenza spirituale.

Rudolf Steiner fondatore della Società Antroposofica

Nel periodo della caccia alle streghe, (leggi qui il mio articolo in proposito), a partire dalla metà del XV secolo, si riteneva che donne e/o contadini fossero dediti alla stregoneria ed all'occulto, e quindi arsi vivi nei roghi nelle pubbliche piazze, poichè in possesso di poteri magici e magia nera.

Bastavano piccoli indizi per condannare qualcuno per stregoneria e satanismo, in un'isteria generale, che ha percorso uno dei periodi più bui della storia dell'uomo e della Chiesa.








MOSTRI MARINI


IL RACCONTO DEL CAPITANO JOHN RIDGWAY



Nel 1966, il Capitano John Ridgway, si era appisolato ai remi della sua imbarcazione, mentre stava navigando in piena notte nell'Atlantico settentrionale, quando: "Fui richiamato alla piena coscienza da un rumore sibilante a prua, guardai in acqua ed improvvisamente vidi contorcersi la sagoma sinuosa di una grande creatura. I suoi contorni erano sottolineati da una specie di fosforescenza nel mare, come se una serie di luci al neon fosse appesa ai suoi fianchi. Era lunghissima, 10 metri se non di più e si dirigeva verso di me a tutta velocità. Devo averla osservata per circa dieci secondi e veniva dritto verso di me e scomparve proprio sotto la mia imbarcazione".

Il testimone non era un sognatore, tutt'altro, stava tentando l'epica impresa di attraversare l'oceano a bordo di una barca a remi, con il compagno d'avventura Chay Blyth, che al momento dell'avvistamento, si era addormentato.

John Ridgway e Chay Blyth.


Il suo racconto continua: "Non sono una persona molto fantasiosa quindi cercai una spiegazione razionale. Chay ed io avevamo avvistato balene e squali, delfini e focene, pesci volanti ed ogni sorta di cretaure marine, ma questo mostro nella notte, non apparteneva ad alcuna di quelle specie. Dovetti ammettere, controvoglia, che poteva essere una cosa sola, un serpente di mare".

La riluttanza del capitano è più che comprensibile, poichè negli ultimi 2 secoli, gli avvistamenti di "mostri marini" sono sempre stati accolti con incredulità.

Quando, nei primi dell'800, alcuni pescatori scandinavi riferirono di aver visto un calamaro gigante, si ritenne che lo avessero inventato di sana pianta, sotto effetto di bevande alcoliche, visto che i profani del tempo sapevano che non esistevano calamari oltre i 20-25 centimetri di lunghezza.

E quando il comandante e tutto l'equipaggio della corvetta francese "Alécton", in viaggio da Cadice e Tenerife nel 1861, riferirono di aver tentato di catturare un calamaro gigante, con tentacoli lunghi più di 2 metri, l'Accademia Francese delle Scienze concluse che, i testimoni, erano stati evidentemente vittime di un'allucinazione di massa.

Ma il capitano John Ridgway, vide il suo mostro marino ed era perfettamente lucido e sveglio, quando lo scorse tra le acque.

Sia lui che Blyth erano paracadutisti dell'esercito britannico in licenza e stavano attraversando l'Oceano, nell'intento di eseguire un esperimento di sopravvivenza.

Al loro ritorno, raccontarono la storia di quei terribili 92 giorni di mare: "Posso soltanto dire quello che ho visto con i miei occhi ed ora non sono più scettico", riferì Ridgway.



RACCONTI DI MOSTRI DALLA PREISTORIA AI GIORNI NOSTRI

Drago sconfitto da San Giorgio.

Dai draghi ricoperti di scaglie che sputavano fuoco e dalle idre multicefale dei tempi antichi, alle misteriose creature subacquee ed agli uomi scimmia dei nostri giorni, i mostri, immaginari o reali, hanno regolarmente popolato le leggende del passato.

La bestia soprannaturale ha da sempre mostrato una costante dualità: affascina ed è allo stesso tempo repellente, ispira una certa esaltazione ma, indubbiamente, incute anche paura e funge da simbolo per forze naturali che, altrimenti, sarebbero inspiegabili, oltre che da bersaglio per lo spirito eroico degli uomini.

Una leggenda babilonese, racconta come Marduk trucidò gli eserciti dei draghi di Tiamad, la dea del male, per creare l'Universo del quale si mise a capo.

In una saga scandinava, Sigurd sconfigge il drago Fafnir per raggiungere il nascondiglio segreto dell'oro e di un anello maledetto.

Anche la cristianità ha avuto i suoi draghi, come ad esempio San Giorgio uccise un drago, per liberare una popolazione pagana terrorizzata e convertirli al cristianesimo, il quale fu fatto precipitare all'Inferno.

Nel suo libro Il Mondo Incantanto, lo psicologo infantile Bruno Bettelheim, esplora l'importanza psicosociale delle fiabe ed asserisce che gli uomini creano mostri per dare una forma alle loro paure, e cita testualmente: "Le ansietà senza nome sono molto più minacciose di qualsiasi cosa alla quale possiamo dare un nome ed una forma, qualsiasi cosa sappiamo, o crediamo di sapere, è più confortante dell'ignoto".

Il biologo inglese, John Napier, fanatico di mostri sosteneva: "Scimmie mostruose come il fantastico King-Kong, sono dei comodi ricettacoli per tutto ciò che vi è di selvaggio, ignobile e libidinoso in un uomo".

L'uomo primitivo, temendo l'ignoto, immaginava un mondo sotterraneo malvagio e buio, nel quale il Sole scompariva ogni notte e, dai libirinti di quella voragine, usciva un drago dall'alito infuocato, prototipo dei mostri immaginati dall'uomo: una creatura gigantesca, infernale, con le sembianze di rettile, simile ad un incrocio tra un serpente ed una lucertola e con in più una forma larvata di malvagia intelligenza, che paralizzava le vittime.

Secondo i diversi luoghi e le diverse epoche, i draghi diventavano più grandi, acquisivano ali, si facevano spuntare altre teste, esalavano vapori tossici, occupavano una posizione intermedia tra le creature acquatiche e terrestri, diventavano ora buoni ora cattivi.

Comparvero in Egitto ed in Mesopotamia circa 3.000 anni a.C. ed in India soltanto un pò più tardi.

La mitologia classica dell'antica Grecia e di Roma, è fitta di episodi di lotta di mitici eroi contro beste immonde, composte  da creature mostruose, bestie feroci e malefici esseri umani.

In pieno Medioevo, gli Europei consideravano i draghi come la personificazione del male e li ritenevano portatori delle temibili epidemie, come la Peste, che infierivano sulla Terra, ispirate dalla collera divina.

Le leggende poco plausibili, nate dall'ignoranza e dalla superstizione, sono facili da sfatare, più difficile rifiutare l'opera di Edward Topsell, pubblicata nel 1608 con il titolo Historie of Serpents, nella quale l'autore descrive come un drago riesca ad avvolgersi intorno ad un animale di mole considerevole e stringerlo nelle sue spire fino a stritolarlo.

Spiega Topsell: "Vengono e si celano dietro agli alberi, nascondendo la testa e lasciando l'altra parte pendere come una corda. In questa posizione stanno all'erta, finchè arriva l'elefante per nutrirsi ai rami dell'albero, poi improvvisamente gli balzano in testa e gli strappano gli occhi. Quindi si aggrappano al suo collo e, con la coda o gli arti posteriori, frustano e feriscono l'animale finché non gli fanno perdere il fiato, per poterlo strangolare con gli arti anteriori, mentre continuano a frustarlo con quelli posteriori".

Questa descrizione di un grande pitone, di circa 10 metri di lunghezza, nella realtà non sarebbe possibile, in quanto non attaccherebbe mai un grande elefante, a meno che non si tratti di un picccolo esemplare rimasto lontano dal branco.

Pochi, in Europa, avevano avuto il privilegio di vedere dei pitoni, ma già in tempi antichi si raccontavano storie di animali straordinari, nei quali oggi potremmo riconoscere elefanti, giraffe, tigri del Bengala, ippopotami e coccodrilli.

Nel V e nel IV secolo a.C., i viaggiatori al loro ritorno, intrattenevano i loro ascoltatori, con descrizioni di stranezze umane, raccontando di aver visto gente con testa di cane od addirittura senza, esseri con un unico grosso piede o piedi caprini, tribù con orecchie enormemente allungate con labbra pendule, o gente con un occhio solo o lunghe code pelose. (vedi foto sotto).

Le figure grottesche, di cui parlavano i viaggiatori greci, apparvero nel Liber Chronicarum nel 1493.

Può darsi che simili racconti nascessero dall'osservazione erronea di esseri malformati, da cerimonie in cui si indossavano maschere cerimoniali o che intravedevano gorilla e scimmie che camminavano eretti.

Nel suo libro Bestie e Demoni Favolosi, lo studioso Heinz Mode, disse: "L'aspetto del mostro si fonda sempre sull'osservazione della natura e, dall'altra parte, ciò che lo caratterizza è l'esagerazione e la mescolanza di forme, la combinazione delle qualità, delle capacità e dei poteri di vari esseri naturali in una figura composta, processo che può soltanto avvenire nell'immaginazione umana".

Aristotele, nella sua Storia degli Animali del IV secolo a.C., raccontava che in Libia i serpenti erano molto grandi, basandosi sui resoconti di alcuni marinai, che avevano navigato lungo quelle coste e dicevano di aver visto le ossa di molti buoi, che sembravano essere stati divorati dai serpenti.

Secondo questi marinai, mentre le navi procedevano i serpenti li attaccarono, tanto da capovolgere una Trireme e tali creature marine furono ulteriormente elaborate durante il Medioevo ed arricchite dalla fantasia popolare.

Olaus Magnus, arcivescovo di Uppsala, nel suo libro del 1555, intitolato Storia dei costumi de' Popoli Settentrionali, parla di un serpente scandinavo, che misurava circa 60 metri con uno spessore di 6 metri, che veniva avvistato dai marinai e naviganti, nelle acque costiere della Norvegia.

Nel suo libro scrisse: "Ha una criniera che scende dal suo collo di peli lunghi un cubito, (circa 46 centimetri), e scaglie aguzze ed è nero, con i suoi occhi fiammeggianti".

 

Opera del XVI secolo di Olaus Magnus, in cui è raffigurato un mostro marino che avvolge con le sue spire una nave.

Anche un missionario norvese, Hans Egede, due secoli più tardi avvistò, mentre si trovava in viaggio verso la Groenlandia, con il suo vascello che si stava avvicinando alla colonia danese di Buona Speranza nello stretto di Davis, qualcosa di inquietante: "Anno 1734, Luglio. Il giorno 6 apparve un animale marino veramente terribile, che si rizzò in alto sopra l'acqua, che la sua testa superò l'altezza della coffa. Aveva un lungo muso appuntito, soffiava come una balena, aveva grandi pinne larghe ed il corpo era ricoperto di pelle ruvida. Inoltre, la parte inferiore era simile ad un serpente e quando si tuffò di nuovo in mare, alzò la coda sopra l'acqua ad una distanza dal corpo pari all'intera lunghezza della nostra nave".

Di tutti i serpenti di mare della leggenda, il pià famoso e straordinario era di gran lunga il Kraken.

Attacco di una nave da parte di una piovra gigante, detta Kraken. nel disegno del naturalista francese Denis de Montfort.

 

Il vescovo di Bergen, Erik Pontoppidan, nella sua opera Natural History of Norway, pubblicata nel 1755, scrisse: "Tra le molte grandi cose che stanno nell'Oceano vi è il Kraken. Questa creatura è la più grande e la più sorprendente di tutti gli animali della creazione".

Quando il Kraken veniva a galla, secondo la tradizione popolare, copriva una distanza di oltre 2 km ed i marinai, scambiando la sua vasta sagoma per un'isola, vi approdavano ed accendevano fuochi da campo per prepararsi a trascorrere la notte e, talvolta, il Kraken reagiva e si immergeva nel mare lasciando i marinai allibiti a dibattersi nell'acqua.

Verso la fine dell'anno 1861, il tenente Bouyer, comandante della corvetta Alecton, era in viaggio da Cadice a Tenerife e nel suo resoconto di viaggio, scrisse: "Il 30 novembre, a cento miglia a nordest di Tenerife, alle 2 del pomeriggio, incontrammo un animale mostrouso che riconobbi come la piovra gigante, la cui esistenza è stata tanta controversa e che ora sembra relegata nel regno del mito".

Gli uomini dell'Alecton arpinarono l'essere tentacolato e passarono un cappio intorno a ciò che sembrava una coda ma, con un violento strattone, la creatura strappò l'arpione liberandosi e, quando l'equipaggio issò la corda, gli uomini trovarono soltanto un frammento, di circa 20 kg, dello spaventoso mostro che avevano tentato di catturare.

Bouyer riferì: "Vedemmo la creatura abbastanza da vicino per poterne dare una descrizione esatta. Era in realtà un calamaro gigante, ma la forma della coda indicava la sua appertenenza ad una specie non ancora descritta. Il corpo sembrava misurare dai 4,5 ai 5,5 metri di lunghezza e la testa aveva un becco simile a quello di un pappagallo, circondato da 8 tentacoli lunghi circa 1 metro e mezzo. L'aspetto era alquanto terrificante, era rosso mattone, informe e viscido, repellente e terribile".

Purtroppo il frammento di carne imputridì prima che i marinai dell'Alecton giungessero in porto e, quindi, non fu mai studiato, concludendo che il capitano ed i suoi uomini erano state vittime involontarie di un'allucinazione collettiva.

Il 20 novembre del 1875, l'Illustrated London News, riportò il racconto di una lotta mortale avvenuta tra un serpente di mare ed una balena, al largo della costa brasiliana.

Il giornale scrisse: "Il capitano Drevar, comandante del brigantino Poline, che trasportava un carico di carbone dai magazzini navali di sua maestà a Zanzibar, notò 3 grandi capodogli, uno dei quali era avvolto da due strette spire, di ciò che sembrava un grande serpente. Questi aveva il dorso marrone scuro ed il ventre bianco, con una testa immensa dalla bocca spalancata. Oltre alla parte arrotolata, dalla testa alla coda misurava circa 10 metri, mentre la circonferenza era di circa 3 metri. Facendo leva con le estremità, il serpente continuò ad avvolgersi sempre più strettamente attorno alla sua vittima per circa 15 minuti e, poi di colpo, trascinò la balena sott'acqua a testa in giù".

Arazzo del XIV secolo raffigurante un'idra a sette teste.


Vent'anni dopo questo episodio, vennero alla luce prove innegabili che, almeno un tipo di mostro marino incredibile, il Calamaro Gigante, esisteva effettivamente nelle profondità del mare.

Intorno al 1870, il mare riversò sulle coste settentrionali dell'Atlantico, un gran numero di carcasse di grandi animali tentacolati ed almeno uno di quei mostri fu trovato vivo.

Il 2 novembre del 1878, tre pescatori di Thimble Tickle a Terranova, videro un enorme animale marino che stava lottando contro la maera.

Arpionarono la creatura con una fiocina e quando le ondel la sospinsero sulla spiaggia, la legarono ad un albero.

Il corpo dell'animale misurava 7 metri ed i suoi tentacoli erano di circa 10 metri ciascuno e fu subito rinominato come il Calamaro di Thimble Tickle.

Immagine moderna di un Calamaro di Thimble Tickle.

Le sue ventose erano larghe 10 centimetri, ricordando la versione in piccolo del famoso Kraken e molti balenieri parlarono spesso di capodogli, il cui corpo recava cicatrici di ventose di oltre 50 centimetri di diametro, facendo pensare ad esseri giganti di circa 80 metri.

Lo zoologo belga, Bernard Heuvelmans, raccolse 587 racconti di avvistamenti di mostri marini, tra il 1639 ed il 1966.

Dopo aver eliminato i probabili errori, falsi deliberati e racconti troppo vaghi, rimasero 358 casi attendibili.

Su schede perforate annotò i minimi particolari di questi avvistamenti con un'analisi computerizzata, che gli permise di elencare 9 diversi tipi di creature subacquee non ancora classificate, tra cui calamari di 18 metri e balene di oltre 30 metri.

Oggi, gli scienziati, hanno scoperto specie animali che corrispondono alle descrizione fatte sui mostri marini, in quanto molte di esse si ritenevano estinte e sono state ritrovate a parecchi metri di profondità, dove in passato era quasi impossibile immergersi.

Tra questi la Latimeria, ultimo rappresentante del famoso Celacanto, che si pensava fosse estinto da 65 milioni, finchè non venne trovato un esemplare in Sudafrica nel 1938.

Il Carcharhinus leiodon, un altro pesce della famiglia degli squali, che si riteneva estinto ma, recentemente ne è stato avvistato un esemplare in vendita in Kuwait, su un banco di pesce dove era stato fatto a tranci.

Un agente del del Western Australia Parks and Wildlife, ha notato due esemplari nuotare al largo della costa occidentale dell’Australia, nella zona della barriera corallina di Ningaloo, ed ha scattato la foto sotto, dove si vedono 2 esemplari di Aipysurus Apraefrontalis, una specie di serpente marino che si pensava fosse estinto. 

Due esemplari di Aipysurus apraefrontalis, serpenti marini che si riteneva fossero estinti, fotografati in Australia da un agente del Western Australia Parks and Wildlife.

Gorilla, panda giganti, ippopotami pigmei, orche marine, okapi, platypo o draghi di Komodo, facevano sorridere gli scettici  finchè non si scoprì che esistevano realmente.

Francis Hitching, conclude: "Più si fanno ricerche in questo campo, più sicuri si diventa che sempre interverrà  qualcos'altro in aggiunta al modello dell'Universo che ci è diventato familiare".

Questo "qualcos'altro" è il vero mistero ed il vero mostro, manifestazioni fisiche delle paure dell'inconscio ed il nostro bisogno di dover dare loro delle forme.





martedì 13 dicembre 2022

LA STREGA DEI BELL

 

LA PERSECUZIONE DI BETSY BELL

LA STREGA DEI BELL




LA STREGA DEI BELL

Illustrazione di Betsy Bell in un libro del 1894.


Alla fine del XIX° secolo, nella città di Adams, un facoltoso agricoltore del Tennessee, John Bell e la sua famiglia, furono tormentati da una forza malefica, chiamata in seguito "Strega dei Bell".

Tutto iniziò quando il signor Bell notò un cane, dall'aspetto singolare, che si aggirava nel suo campo di granoturco e decise di imbracciare il fucile e sparare, accorgendosi successivamente che del cane non vi era alcuna traccia.

Un paio di giorni dopo, in compagnia di due dei suoi figli, vide un uccello in cima ad una quercia, di una specie a lui sconosciuta ed anche in questo caso sparò senza trovare al suolo nè piume nè carcassa.

Tempo dopo, Betsy Bell, la figlia più giovane passò accanto all'albero e vide una sua coetanea, vestita di verde, che si dondolava su un ramo della quercia, e quando provò ad avvicinarsi per fare conoscenza, in un attimo svanì nel nulla.

Anche uno schiavo della famiglia, raccontò di aver visto spesse volte, un cane ringhiante che svaniva quando veniva minacciato da un bastone.


STREGA DEI BELL

La casa della strega dei Bell.

Successivamente in casa si iniziarono ad udire rumori di colpi alle porte, graffi di artigli sui pavimenti, voci soffocate, tintinnio di vetri, mobili trascinati sui pavimenti e rumore di catene.

I membri della famiglia, durante la notte, venivano aggrediti da entità che strappavano le lenzuole di dosso e chi si opponeva riceveva schiaffi da mani invisibili.

Betsy fù la più colpita dalla strega, infatti quando dormiva nella sua stanza di notte, la si udiva urlare come se qualcuno o qualcosa le tirasse i capelli.

Solo Lucy Bell, la moglie dell'agricoltore e madre di Betsy, era trattata con rispetto e gentilezza dall'entità, come se fosse la sua preferita in qualche modo.

Richard Powell, un maestro del luogo e corteggiatore della ragazza, era solito farle visita, ma questo suo recarsi  a casa iniziò ad avere conseguenze spiacevoli per Betsy, in quanto la strega la tormentava e la seviziava.

A seguito di ciò la famiglia decise di mandare Betsy a casa di amici, ma l'entità la seguì e le aggressioni diventarono sempre più violente, con segni rossi sul viso come se fosse stata schiaffeggiata, facendole mancare il respiro e svenendo, sentendo il corpo pieno di spilli ed aghi e vomitando anche oggetti acuminati.

Betsy fu esaminata dal medico di famiglia che, sospettò un caso di ventriloquismo, ma questi le mise una mano sulla bocca mentre la voce stava parlando, e concluse che ci fosse qualcosa di paranormale e non spiegabile all'interno della casa.

Queste manifestazioni attirarono la curiosità di molte persone, tra cui esorcisti e spiritisti, che si recarono in casa dei Bell ed iniziarono ad effettuare sedute, grazie alle quali pian piano lo spirito iniziò a manifestarsi ai presenti.

Dapprima la voce era un sibilo non distinguibile, poi con il tempo si trasformò in un fischio e successivamente si rese distinguibile, con un tono forte e chiaro.



STREGA DEI BELL

Il cane visto da John Bell.

A varie domande poste la strega rispose: "Sono uno spirito venuto da dovunque, il Cielo, l'Inferno, la Terra...sono nell'aria, nelle case, in ogni posto ed ogni tempo...sono stata creata milioni di anni fà e questo è tutto ciò che vi dirò".

Aggiunse: "Sono decisa ad ossessionare e tormentare il vecchio Jack (John) finchè campa".

A seguito di ciò lo spirito spostò le sue attenzioni sul padre, facendogli gonfiare la lingua a tal punto da non poter respirare, parlare o cibarsi, oppure inveendo su di lui con insulti osceni.

Il gonfiore gli distorse la bocca ed il viso e per questo fu costretto ad abbandonare il lavoro per parecchio tempo.

Verso la metà di ottobre del 1820, il signor Bell stava guarendo da un attacco durato parecchi giorni, e mentre stava percorrendo, assieme al figlio Richard, il sentiero che dalla casa portava al porcile, una scarpa si sfilò dal suo piede e volò in aria.

La rimise al piede e legò ben strette entrambe, ma questo accorgimento non fu d'aiuto, in quanto volarono entrambe in aria, sfilandosi da sole dai piedi dell'uomo e come se non bastasse dovette fermarsi perchè subì un colpo in faccia.

Si fermò su un tronco ed il viso ed il corpo iniziarono a contrarsi deformandolo, mentre in aria si sentivano canzoni beffarde e strilli demoniaci.

L'attacco portò John Bell alla disperazione, tanto da dire al figlio: "O figlio mio, figlio mio, non avrai ancora per lungo tempo da aspettare così pazientemente, non posso sopravvivere ancora alle persecuzioni di questa terribile cosa. Mi sta uccidendo con lente torture, sento che la mia fine si avvicina".


STREGA DEI BELL

Morte di John Bell e veleno al gatto.

Lo stesso giorno si mise a letto e non si alzò mai più, tanto che le settimane passavano, le forze diminuivano ed un mattino di dicembre fu trovato in stato comatoso mentre il corpo si contorceva nel letto.

Il figlio, nel mentre, aveva trovato tra le medicine del padre, una fiala che non aveva mai visto, contenente un liquido strano che nessuno fu in grado di identificare.

Mentre fu visitato da un medico una voce riempì la stanza: "E' inutile cercare di dare sollievo al vecchio Jack, gli ho dato il fatto suo".

Qualcuno chiese alla strega della fiala e questa rispose di aver dato a Bell, durante la notte, il contenuto della fiala da lei preparato e uno dei presenti diede un pò della sostanza della fiala ad un gatto che, si girò su se stesso, fece un salto e poi morì.

Il padre, invece, sopravvisse fino al giorno dopo e la strega, prima di congedarsi dalla famiglia, lanciò una minaccia a Betsy, ormai sedicenne che stava progettando il suo matrimonio con Joshua Gardner e le disse: "Per favore, Betsy Bell, non prendere Joshua Gardner", con voce fastidiosa, incessante e logorante al punto che la ragazza rinunciò al matrimonio.

Sposo più tardi il maestro di scuola, che morì quando lei aveva poco più di trent'anni e non si risposò piu', fino alla morte avvenuta ad 86 anni, nel 1890.

Nella sua ultima comunicazione alla famiglia, la Strega di Bell, aveva promesso di ritornare dopo 7 anni ed alla data prestabilita, soltanto Lucy e due dei suoi figli vivevano nella casa udirono rumori e versi nell'abitazione e niente più e questa fù l'ultima visita dell'entità.

Nel suo libro intitolato Haunted People, lo psicanalista Nandor Fodor, mise in evidenza i sintomi di Betsy, (perdita di coscienza, svenimenti, capogiri), quelli del padre, (tic nervosi, incapacità di parlare o mangiare) e quelli della strega, (maliziosa, gentile verso la madre), arrivando alla conclusione che, attraverso il potere della mente, la strega fosse la manifestazione dell'odio che Betsy aveva verso il padre.

Odio forse dovuto a qualche approccio sessuale da parte del padre o qualche forma di relazione incestuosa, pertanto Betsy era incapace di affrontare coscientemente le proprie emozioni e quando queste furono sollecitate dalle attenzioni dei due pretendenti, la sua personalità si sdoppiò, divenendo una la ragazza vestita di verde che si dondolava sul ramo, l'altra quella che iniziò ad attaccare il padre.







IL GUARDIANO DEI CALANCHI

 

 IL GUARDIANO DELLE BADLANDS

 

GUARDIANO DELLE BADLANDS

Foto satellitare del Guardiano dei Calanchi.


Il Guardiano dei Calanchi, così detto poichè "calanco" vuol dire solco d'erosione stretto e profondo, con molte ramificazioni, limitato da esili creste, genericamente privo di vegetazione ed è prodotto in terreni prevalentemente argillosi dalle acque meteoriche dilavanti, è stato scoperto grazie a Google Earth, in Canada nella cittadina di Medicine Hat, a sud-est di Alberta ed avrebbe centinaia di anni d'età.

Il nostro cervello è programmato per riconoscere i volti e questa struttura ha delle caratteristiche specifiche per questo compito ed è visibile solo dall'alto, come le famose Linee di Nazca, (leggi qui il mio articolo in proposito).

La testa si trova proprio al centro dei "Calanchi di Alberta", un antico e sacro territorio di caccia della tribù nativo americana dei "Piedi Neri".

 
Niitsítapi

Tribù dei piedi neri.


Medicine Hat tradotto vuol dire "Cappello Medicinale", traduzione di un'antica parola della lingua dei Piedi Neri, che indica il copricapo fatto di piume d'aquila ed indossato dagli sciamani, che già conoscevano questa testa.

Visibile soltanto dall'alto, ricorda una testa dei nativi americani, tipica di questi luoghi, con copricapo rituale ed altri elementi decorativi, nonchè la presenza di un pozzo petrolifero in corrispondenza delle orecchie, ricorda un paio di moderne auricolari indossate dalla testa.

La sua grandezza è di almeno 30 volte ogni singolo volto dei Presidenti USA, (leggi qui il mio articolo in proposito), sul Monte Rushmore nel South Dakota, per il quale, con moderne attrezzature ci sono voluti ben 14 anni per realizzarle.

I nativi americani credevano che la natura fosse fosse piena di spiriti, sia benevoli che malvagi da temere o adorare, ma tra le divinità che adoravano c'erano altre che ritenevano venute dalle stelle e che vivevano in cielo, chiamate appunto "Gente del Cielo".

 

Zona dove è stata trovata la testa del Guardiano dei Calanchi.

 
Forse questa o un'altra popolazione più antica avevano scolpito questa testa per comunicare con la gente del cielo oppure uno sciamano che, in stato di trance, avrebbe avuto un'esperienza extracorporea ed avrebbe sorvolato l'area per poterla realizzare dall'alto.

Dal punto di vista scientifico invece, si è scoperto che la testa è stata plasmata dagli agenti atmosferici, come la pioggia ed il vento sullo strato di argilla su cui posa l'artefatto.

Quindi nessun mistero sulle origini del Guardiano dei Calanchi, ma semplicemente la combinazione di forze della natura e inganno del cervello nel recepire e riconoscere come volto questa immagine.

 




VANGELO DELL'INFANZIA DI TOMMASO


VANGELO DELLO PSEUDO-TOMMASO



Vangelo dell'infanzia di Tommaso.


Il Vangelo dell'infanzia di Tommaso, chiamato anche Vangelo dello pseudo-Tommaso, è uno dei Vangeli apocrifi, scritto in greco e in siriaco e databile alla seconda metà del II secolo. 

Non va confuso con il Vangelo di Tommaso (chiamato anche Quinto Vangelo o Vangelo di Didimo Thoma), opera anch'essa apocrifa, prodotta probabilmente nel II secolo in ambiente gnostico. 

L'opera consiste in una raccolta di miracoli compiuti da Gesù tra i 5 e i 12 anni di vita, con l'implicito intento di fornire indicazioni sulla sua infanzia altrimenti taciute dai 4 vangeli canonici. 

Ne emerge il ritratto di un Gesù bambino capriccioso e vendicativo, particolarmente incline a fare un uso tutto personale e spesso 'egoista' dei propri poteri taumaturgici. 

Al pari degli altri Apocrifi, generalmente non è accolto dagli studiosi come fidato testimone del Gesù storico, anche per il genere letterario favolistico-leggendario che contraddistingue la narrazione. 

Nonostante la non-ufficialità che caratterizzò questo vangelo nella Chiesa dei primi secoli, qualche elemento secondario è stato accolto a livello artistico nella tradizione cristiana successiva. 

Il testo si dichiara opera di Tommaso l'Israelita, cioè l'apostolo Tommaso. Questo collocherebbe la stesura del testo entro il I secolo. Gli studiosi tuttavia sono attualmente concordi nel ritenere tale attribuzione pseudoepigrafa. 

In alcuni loci traspaiono citazioni implicite di brani del vangelo secondo Luca e di Giovanni suggerendo una datazione posteriore ad essi (cioè posteriore al I secolo). La prima citazione del Vangelo dell'infanzia di Tommaso compare nell'Adversus Haereses di Ireneo, databile circa al 185. Questo, unitamente a motivi stilistici e letterali intrinseci al testo, ha portato gli studiosi a ritenere come possibile data redazionale la metà del II secolo, in seguito a un periodo di trasmissione orale.

 

VANGELO DELL'INFANZIA DI TOMMASO


[1, 1] Io, Tomaso israelita, ho ritenuto necessario fare conoscere a tutti i fratelli venuti dal gentilesimo i fatti dell'infanzia e le gesta del Signore nostro Gesù compiute in questa nostra regione ove è nato. Il principio è come segue. 

[2, 1] Gesù e i passeri. All'età di cinque anni questo ragazzo stava giocando sul greto di un torrente: raccoglieva in fosse le acque che scorrevano e subito le rendeva limpide comandandole con la sola sua parola. Impastando argilla molle, fece dodici passeri. Quando fece questo era un giorno di sabato. C'erano pure tanti ragazzi che giocavano con lui. 

[2] Un ebreo vedendo quanto faceva Gesù giocando di sabato, andò subito a riferirlo a suo padre Giuseppe: "Ecco, tuo figlio è al ruscello; ha preso dell'argilla e ne ha formato dodici uccellini, profanando il sabato". 

[3] Giuseppe, recatosi sul posto, vide e lo sgridò dicendo: "Perché di sabato hai fatto queste cose che non è lecito fare?". Ma Gesù, battendo le mani, gridò ai passeri dicendo loro: "Andate!". E i passeri se ne volarono via cinguettando. 

[4] A questa vista, gli ebrei, presi da stupore, andarono a raccontare ai loro capi quanto avevano visto fare da Gesù. 

[3, 1] Gesù e il figlio di Anna. Ma il figlio dello scriba Anna se ne stava là con Giuseppe e, preso un ramo di salice, faceva scorrere via le acque raccolte da Gesù. 

[2] Quando Gesù vide ciò che accadeva, sdegnato gli disse: "O cattivo, empio, insensato! Che male ti hanno fatto le fosse e le acque? Tu pure, ecco che ti seccherai come un albero; non metterai n‚ foglie, n‚ radici, n‚ frutto". 

[3] Subito quel ragazzo si seccò tutto. Mentre Gesù partì e andò a casa di Giuseppe. I genitori del (ragazzo) rimasto secco lo tolsero via, piangendo la sua tenera età; lo portarono da Giuseppe e lo rimproveravano: "Perché hai un figlio che fa tali cose?". 

[4, 1] Gesù urtato da un ragazzo. Dopo di ciò camminava per il villaggio, quando un ragazzo, correndo, andò a urtare contro la sua spalla. Gesù, irritato, gli disse: "Non percorrerai tutta la tua strada!". E subito cadde morto. 

[2] Ma alcuni, vedendo ciò che accadeva, dissero: "Dov'è nato questo ragazzo, che ogni sua parola è un fatto compiuto?". I genitori del morto, andati da Giuseppe, lo biasimavano dicendo: "Tu che hai un simile ragazzo, non puoi abitare nel villaggio con noi; a meno che tu gli insegni a benedire e a non maledire. Egli, infatti, fa morire i nostri ragazzi". 

[5, 1] Giuseppe, chiamato il ragazzo in disparte, lo ammoniva dicendo: "Perché fai tali cose? Costoro ne soffrono, ci odiano e perseguitano". Gesù rispose: "Io so che queste tue parole non sono tue. Tuttavia starò zitto per te; ma quelli porteranno la loro punizione". E subito gli accusatori divennero ciechi. 

[2] Quanti videro questo, si spaventarono molto, restarono perplessi, e dicevano a proposito di lui, che ogni parola che pronunciava, buona o cattiva che fosse, era un fatto compiuto. E divenne una meraviglia. Vedendo che Gesù aveva fatto una tale cosa, Giuseppe si alzò, gli prese l'orecchio e glielo tirò forte. Il ragazzo allora si sdegnò e gli disse: "A te basti cercare e non trovare! Veramente non hai agito in modo sensato. Non sai che sono tuo? Non mi molestare!". 

[6, 1] Gesù e il primo maestro. Un precettore di nome Zaccheo, trovandosi da quelle parti, udì Gesù che diceva queste parole a suo padre e si meravigliò grandemente che un ragazzo parlasse in tal modo. E, pochi giorni dopo, si avvicinò a Giuseppe e gli disse: "Tu hai un ragazzo saggio, dotato di intelligenza. Su, affidalo a me, affinché impari le lettere. Con le lettere, gli insegnerò ogni conoscenza, anche a salutare i vecchi e a riverirli come gli antenati e i padri, e ad amare i suoi coetanei". 

[2] E gli disse con grande cura e chiarezza tutte le lettere, dall'Alfa fino all'Omega. Ma, fissando lo sguardo sul precettore Zaccheo, gli disse: "Tu che non sai la natura dell'Alfa, come puoi insegnare agli altri la Beta? Ipocrita! Se la sai, insegna prima l'Alfa, poi ti crederemo quanto alla Beta". Incominciò poi a interrogare il maestro sulla prima lettera, ma non gli seppe rispondere. 

[3] Alla presenza di molti, il ragazzo disse allora a Zaccheo: "Ascolta, maestro, la disposizione della prima lettera, bada come abbia linee e tratti mediani, vedi le comuni, le trasversali, le congiunte, le ascendenti, le divergenti... Le linee dell'Alfa sono di tre segni: omogenei, equilibrati, proporzionati". 

[7, 1] Quando il maestro udì il ragazzo esporre tante e tali allegorie sulla prima lettera, restò sconcertato davanti alla profondità della risposta e dell'insegnamento di lui, e disse ai presenti: "Povero me! Io sfortunato, non so più che fare. Io stesso mi sono procurato la vergogna, attirando a me questo ragazzo"

[2] Ripigliatelo, dunque, te ne prego, fratello Giuseppe. Non posso sopportare l'austerità del suo sguardo, non so proprio spiegarmi il suo parlare. Questo ragazzo non è nato terrestre: può domare persino il fuoco! Forse è nato prima della creazione del mondo. Quale ventre l'ha portato e quale seno l'ha nutrito? Io non lo so. Povero me, amico mio. Mi fa andare fuori senno. Non posso più tenere dietro alla sua intelligenza. Mi sono ingannato: Me tre volte infelice! Cercavo di avere un discepolo e ho scoperto che avevo un maestro! 

[3] Penso alla mia vergogna, amici miei, poiché vecchio come sono, fui superato da un ragazzo. Non mi resta proprio altro che disperarmi e morire, a causa di questo ragazzo, perché in questo momento non posso guardarlo in faccia. E quando tutti diranno che sono stato superato da un ragazzino, che cosa potrò replicare? E che cosa potrò dire in merito a quanto mi ha detto sulle linee della prima lettera? Non so, amici, perché, di lui, non comprendo n‚ l'inizio n‚ la fine. 

[4] Ti supplico, dunque, fratello Giuseppe, di ricondurlo a casa tua. Costui, infatti, è qualcosa di Grande: o un dio o un angelo o non so cosa dire". 

[8, 1] Siccome alcuni Ebrei davano consigli a Zaccheo, il ragazzo rise grandemente, e disse: "Ora portino frutto le cose tue e vedano i ciechi di cuore. Io sono venuto dall'alto per maledirli, e a chiamarli alle cose dell'alto, come mi ha ordinato colui che mi ha mandato a voi". 

[2] Quando il ragazzo cessò di parlare, tutti coloro che erano caduti sotto la sua maledizione furono subito risanati. Da allora, più nessuno osava provocarlo, per non essere da lui maledetto e rimanere cieco. 

[9, 1] Gesù gioca sulla terrazza. Alcuni giorni dopo, mentre Gesù giocava sulla terrazza di un tetto, uno dei bambini che giocavano con lui cadde dalla terrazza e morì. 

[2] Venuti i genitori del morto, l'accusavano di averlo gettato giù... Ma quelli lo maltrattavano. Gesù allora discese in fretta giù dal tetto, si fermò vicino al cadavere del ragazzo e disse a gran voce: "Zenone, Ä questo era il suo nome Ä alzati e dimmi: sono io che ti ho gettato giù?". E subito, alzatosi, rispose: "No Signore, tu non mi hai gettato giù, ma mi hai risuscitato". I presenti rimasero attoniti, mentre i genitori del ragazzo glorificarono Dio per il segno avvenuto, e adorarono Gesù. 

[10, 1] Gesù e il giovane ferito. Pochi giorni dopo, un giovane stava spaccando legna nelle vicinanze, quando gli cadde la scure e gli spaccò la pianta del piede; perdeva molto sangue ed era sul punto di morire. 

[2] Essendo sorto un subbuglio e un accorrere di gente, corse là anche il ragazzo Gesù. Si aprì di forza un passaggio attraverso la folla, afferrò il piede del giovane colpito e subito fu risanato; e disse al giovane: "Ora alzati, spacca la legna e ricordati di me". 

Alla vista dell'accaduto, la folla adorò il ragazzo e disse: "In questo ragazzo dimora veramente lo Spirito di Dio". 

[11, 1] Gesù porta l'acqua nel mantello. Quando aveva sei anni, sua madre gli diede un'anfora e lo mandò ad attingere acqua e portarla a casa. Ma urtò tra la folla e spezzò l'anfora. 

[2] Gesù allora spiegò il mantello che aveva addosso, lo riempì d'acqua e lo portò a sua madre. 

[3] Alla vista del segno che era avvenuto, la madre lo baciò e conservava dentro di s‚ i misteri che gli vedeva compiere. 

[12, 1] Gesù semina. Un'altra volta, al tempo delle semine, il ragazzo uscì con suo padre a seminare il grano nella terra. Mentre suo padre seminava, anche il ragazzo Gesù seminò un chicco di grano. 

[2] Quando andarono a mietere e battere sull'aia, quel chicco fece cento cori; chiamò allora sull'aia tutti i poveri del villaggio e regalò loro del grano. Il resto del grano fu portato via da Giuseppe. Quando fece questo segno aveva otto anni. 

[13, 1] Gesù aiuta il padre. Suo padre era falegname, e, in quel tempo, faceva aratri e gioghi. Una persona ricca gli ordinò di fare un letto. Ma una delle assi, quella detta trasversale, era troppo corta e Giuseppe non sapeva che fare. 

[2] Il ragazzo Gesù disse allora a suo padre Giuseppe: "Metti per terra le due assi e pareggiale da una delle parti". Giuseppe fece come gli aveva detto il ragazzo: Gesù si pose dall'altra parte, afferrò l'asse più corta e la tirò a s‚ rendendola uguale all'altra. A tale vista, suo padre Giuseppe rimase stupito: abbracciò il ragazzo e lo baciò esclamando: "Me felice, perché Dio mi ha dato questo ragazzo!". 

[14, 1] Gesù e il secondo maestro. Ora, Giuseppe vedendo che il senno e l'età del ragazzo maturavano, decise nuovamente che non dovesse restare ignorante delle lettere e, condottolo da un altro maestro, glielo affidò. 

[2] Il maestro disse a Giuseppe: "Gli insegnerò prima le lettere greche e poi quelle ebraiche". Il maestro, infatti, conosceva la bravura del ragazzo e aveva paura di lui. Ciononostante scrisse l'alfabeto e si occupava a lungo di lui con cura; ma lui non rispondeva. 

[3] Gesù gli disse: "Se veramente sei un maestro e sai bene le lettere, dimmi il valore dell'Alfa e io ti dirò quello della Beta". Ma il maestro si sdegnò e lo picchiò sulla testa: il ragazzo si sentì male e lo maledisse. Subito quello svenne e cadde bocconi a terra. 

[4] E il ragazzo se ne tornò a casa da Giuseppe. Ma Giuseppe ne fu rattristato e ordinò a sua madre: "Non lasciarlo uscire fuori della porta, perché tutti quelli che lo irritano, muoiono". 

[15, 1] Gesù e il terzo maestro. Di lì a qualche tempo, un altro precettore che era amico intimo di Giuseppe, gli disse: "Conduci il ragazzo alla mia scuola; forse con molta delicatezza mi riuscirà di insegnargli le lettere". Giuseppe gli rispose: "Se non hai alcuna paura, fratello, prendilo con te". E lo prese con timore grande e preoccupazione, ma il ragazzo lo seguì volentieri. 

[2] Entrò deciso nella scuola, trovò un libro posto sul leggio: lo prese e non lesse le lettere che c'erano, ma aprì la bocca e parlava nello Spirito Santo insegnando la Legge a quelli che gli stavano attorno e l'ascoltavano. Accorse una grande moltitudine e lo circondava ascoltandolo meravigliata dalla grazia del suo insegnamento, e dalla prontezza delle sue parole, per il fatto che, ragazzo com'era, parlasse in tal modo. 

[3] Saputolo, Giuseppe ebbe paura e corse alla scuola temendo che anche quel precettore fosse inetto. Ma il precettore disse a Giuseppe: "Sappi, fratello, che io ho ricevuto questo ragazzo come uno scolaro, ma egli è pieno di grazia e di sapienza. Ed ora ti supplico, fratello, di prenderlo a casa tua". 

[4] All'udire questo, il ragazzo sorrise e gli disse: "Siccome hai parlato rettamente e hai reso una giusta testimonianza, per amore tuo, anche quello che è stato colpito, sarà risanato". E subito l'altro precettore fu risanato. E Giuseppe prese il ragazzo e tornò a casa sua. 

[16, 1] Gesù e Giacomo. Giuseppe inviò poi suo figlio Giacomo a raccogliere legna e portarla a casa; e lo seguì il ragazzo Gesù. 

Ora mentre Giacomo raccoglieva legna, una vipera gli morse la mano; dolorante, era in procinto di morire, quando gli si accostò Gesù: soffiò sulla morsicatura, e il dolore subito cessò. La vipera crepò, e Giacomo fu guarito istantaneamente. 

[17, 1] Gesù risuscita un bambino. Dopo queste cose, nelle vicinanze di Giuseppe, un bambino cadde ammalato e morì: sua madre piangeva disperata. 

Sentito che c'era gran pianto e confusione, Gesù corse presto: trovò il bambino morto, gli toccò il petto e disse: "Dico a te, bambino, non morire, ma vivi e resta con tua madre". Subito alzò lo sguardo e sorrise. Disse poi alla donna: "Prendilo, dagli il latte, e ricordati di me". 

[2] A tale vista, la folla circostante rimase stupita, e disse: "Davvero! Questo ragazzo è un Dio o un angelo di Dio, poiché ogni sua parola è un fatto compiuto". 

Gesù poi uscì di lì e si mise a giocare con gli altri ragazzi.

[18, 1] Gesù risuscita un operaio. Dopo un certo tempo, si stava costruendo una casa, quando nacque un tumulto; e Gesù, alzatosi, andò là. Vide un uomo che giaceva morto, gli prese la mano e disse: "Dico a te, uomo, alzati e fai il tuo lavoro". E immediatamente s'alzò e l'adorò. 

[2] A questa vista, la folla si stupì e disse: "Questo ragazzo è del cielo! Poiché ha salvato molte anime dalla morte, e può salvarne per tutta la vita". 

[19, 1] Gesù nel tempio. Quando ebbe dodici anni, i suoi genitori andavano, secondo l'usanza, a Gerusalemme per la festa di Pasqua insieme alla loro carovana; e dopo la Pasqua se ne tornavano a casa. 

Ma quando loro ritornarono, il ragazzo Gesù tornò indietro a Gerusalemme, mentre i suoi genitori pensavano che egli fosse nella carovana. 

[2] Dopo avere percorso la strada di un giorno, lo ricercarono tra i loro parenti e, non avendolo trovato, ne furono afflitti e tornarono di nuovo in città in cerca di lui. Dopo tre giorni, lo ritrovarono nel tempio seduto in mezzo ai dottori mentre li ascoltava e li interrogava. Tutti ascoltavano e si stupivano che, ragazzo com'era, chiudesse la bocca agli anziani e ai dottori del popolo, esponendo i punti principali della legge e le parabole dei profeti. 

[3] Sua madre Maria gli si accostò e gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco che noi, addolorati, ti cercavamo". Gesù rispose loro: "Perché mi cercate? Non sapete che devo essere nella casa di mio Padre?". 

[4] Ma gli scribi e i farisei le domandarono: "Tu sei la madre di questo ragazzo?". "Lo sono", lei rispose. Le dissero allora: "Beata tu tra le donne, poiché Dio ha benedetto il frutto del tuo seno. Noi, infatti, non abbiamo mai visto n‚ udito una tale gloria, virtù e sapienza". 

[5] E Gesù, levatosi, seguì sua madre ed era sottomesso ai suoi genitori. Ma sua madre custodiva tutti questi avvenimenti. Gesù poi cresceva in sapienza, in statura e grazia. A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.






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