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lunedì 26 febbraio 2024

LE CINQUE SUORE DI REGGIO CALABRIA

 

LE SAGOME DELLE CINQUE SUORE A SAN SPERATO


Nella zona di Reggio Calabria tra Modena e San Sperato, esisteva in passato un convento di clausura, in cui morirono misteriosamente cinque suore.


Le ipotesi e le leggende raccontano ben tre versioni:


1) Che il convento prese fuoco e le suore, nel tentativo di salvarsi, morirono arse all'interno, proprio davanti il muro oggi esistente, che raffigura le loro sagome in fuga verso la salvezza, (vedi foto sotto).



LEGGENDA SUORE REGGIO CALABRIA


2) Durante la seconda guerra mondiale i nazisti entrarono nel convento e, dopo aver abusato e seviziato le povere suore, le uccisero fucilandole proprio davanti quel muro.


3) Sempre durante la seconda guerra mondiale i nazisti, mentre stavano effettuando una ronda notturna, con i loro fari illuminarono il muro recante le sagome e, scambiandole per persone, iniziarono a sparare all'impazzata contro il nemico immaginario in questo caso.



Molte volte si è cercato di intonacare e sistemare il muro, ma puntulmente le sagome delle cinque suore sono riemerse ed oggi sono ancora li, come monito della loro morte e sofferenza.


Se ti è piaciuta la storia o hai altre informazioni in merito, non esitare a commentare, grazie.





venerdì 12 gennaio 2024

LA MALEDIZIONE DI POMPEI

 CHI RUBA I REPERTI DI POMPEI SI AMMALA DI CANCRO

REPERTI TRAFUGATI E RESTITUITI
Veduta degli scavi di Pompei


NICOLE LA TURISTA CHE TRAFUGATO I REPERTI E SI E' AMMALATA DI CANCRO


Sembra una storia uscita dalla penna di Stephen King o una semplice superstizione, messa in giro per far desistere i turisti dal rubare i reperti del Parco Archeologico di Pompei.


Invece un fondo di verità esiste e lo conferma lo stesso Parco Archeologico che in questi anni ha ricevuto pacchi con dentro reperti e manufatti trafugati negli scavi ed accompagnati da lettere di pentimento per il gesto compiuto e la conferma di essersi ammalati dopo questo evento.


LETTERA NICOLE POMPEI

Lettera di Nicole e restituzione reperti di Pompei


Nicole, una turista straniera in visita in Italia, portò con sé due tessere di mosaico, qualche coccio di ceramica e pezzetti di anfore.


Dopo 15 anni, la stessa si è ammalata di 2 tumori e problemi finanziari e per questo, convinta dell'esistenza e del legame con la maledizione di Pompei, ha deciso di restituire i reperti chiedendo perdono, soprattutto per le anime dei pompeani morti sotto la coltre di cenere espulsa dal Vesuvio nel 79 d.C..


reperti trafugati pompei
Reperti trafugati dai turisti e restituiti al Parco Archeologico di Pompei

La lettera pervenuta al Parco di Pompei cita: “Ora ho 36 anni e ho avuto il cancro al seno due volte, l’ultima volta finito in una doppia mastectomia. Io e la mia famiglia abbiamo avuto anche dei problemi finanziari. Siamo brave persone e non voglio che questa maledizione si trasmetta alla mia famiglia o ai miei figli. Per questo perdonatemi per il gesto fatto anni fa, ho imparato la lezione e chiedo perdono agli Dei. Voglio solo scrollarmi di dosso la maledizione ricaduta su di me e la mia famiglia”.




DUE TURISTI CANADESI PENTITI RESTITUISCONO I REPERTI DI POMPEI

LETTERA REPERTI RESTITUITI A POMPEI

Lettera con reperto trafugato a Pompei


Un'altro pacco, inviato al direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel nel 2005, da parte di una coppia canadese, contenente altri reperti trafugati dai due, cita la famosa maledizione che ha colpito i due, facendoli ammalare di tumore e chiedendo scusa per aver trafugato nel sito: "Siamo dispiaciuti e per piacere perdonateci per aver fatto questa scelta terribile! Possano le loro anime riposare in pace".


POMPEI DECINE DI REPERTI RUBATI RESTITUITI DAI TURISTI PENTITI

Lettera di scuse al direttore del Parco Archeologico di Pompei


Ho paura della maledizione", così esordiscono le molteplici lettere che accompagnano i pacchi destinati al Parco Archeologico di Pompei, contenenti moasici, anfore, statuette, cocci e monete antiche, trafugati da turisti che sono stati in visita nella città campana e che adesso, a distanza di tempo, sentono di dover mandare indietro perchè colpiti da tumore, cancro, problemi finanziari e altre malattie debilitanti.

Altra lettera accompagnata da reperti trafugati


Forse un fondo di verità sulla maledizione c'è, poichè già gli antichi, a seguito dell'eruzione del Vesuvio, lo imputavano ad una manifestazione della collera divina per lo stile di vita che avevano gli abitanti di Pompei a quei tempi, tra lusso, dissolutezza e peccato.


Una città maledetta dagli Dei che trasforma una leggenda in superstizione e fa credere alle persone che, si sono ammalate per loro sfortuna, a correlare il tutto al furto e al mancato rispetto, per questo, dei morti sepolti dal Vesuvio.

Voi che ne pensate a tal proposito? Lasciate un commento.






giovedì 23 novembre 2023

LICANTROPIA


UN MOSTRO CHIAMATO LUPO MANNARO


Uomo affetto da ipertricosi, una malattia che provoca la crescita dei peli in tutto il corpo, che veniva confusa con la licantropia.



La maggior parte dei casi di Licantropia si registrò, in Europa, a cavallo tra il XVI ed XVII secolo. 


Per questi nostri antenati, che vivevano sparsi in villaggi in mezzo a foreste folte ed in situazioni di isolamento, il lupo rappresentava una fonte di terrore sempre presente, un animale forte ed astuto ma anche feroce ed assetato di sangue.


Tra il 1520 ed il 1630, solo in Francia vennero registrati 30.000 casi di licantropia, ma il più famoso resta quello del pastore Pierre Bourgot di Poligny, che fu processato nel 1521.


 
Confessò che 19 anni prima, durante un temporale stava cercando alcune pecore del suo gregge quando, era stato avvicinato da 3 cavalieri neri che gli chiesero cosa lo stesse angustiando.
 
Bourgot spiegò loro la perdita delle pecore ed uno dei cavalieri gli rispose: "Abbi coraggio, se avrai fede il mio Signore proteggerà le pecore smarrite".
 
Bourgot ritrovò il suo gregge, qualche giorno dopo, ed i 3 cavalieri neri ricomparvero e chiesero al pastore di diventare servo del Diavolo, in cambio di protezione di ricchezza, e Bourgot a tal proposito disse alla corte: "Caddi in ginocchio e giurai fede a Satana".
 

Incisione del XVIII secolo raffigurante un feroce attacco di un lupo mannaro ad una donna con al collo una croce, che non vale a salvarla dal suo destino.

Il pastore, assumendo le sembianze di un lupo ed accompagnato molte volte da un altro lupo mannaro di nome Michel Verdung, perpretò innumerevoli assassinii su giovani donne, tra cui una a cui ruppe il collo con i denti lacerandole la gola. 


Attacco del lupo mannaro Michel Verdung ad un viandante.

Un viaggiatore attaccò e lo ferì il lupo che si ritirò nella foresta, lasciando una scia di sangue che permise al viandante di seguirlo fino ad una capanna, dove trovò Verdung, ridiventato uomo, che si faceva medicare dalla moglie.
 
La corte, che esaminò il caso, apprese che Pierre Bourgot si trasformava in lupo togliendosi i vestiti e strofinandosi con un unguento speciale donatogli dal Diavolo, mentre Verdung aveva il potere di trasformarsi in lupo a suo piacimento.
 
I due uomini furono condannati a morte insieme ad un altro lupo mannaro, meno celebre.
 
Un simile episodio avvenne in Francia nel 1573, quando in un villaggio vicino Dole, una creatura mostruosa aveva ucciso e divorato molti bambini.
 
Alcuni testimoni dell'epoca sorpresero un enorme lupo che dilaniava un bambino e furono colpiti dalla somiglianza della bestia con un certo Gilles Garnier.
 
Questi, arrestato e processato, confessò che la fame e la povertà, lo avevano spinto a fare un patto con uno spirito maligno, incontrato per caso su un sentiero della foresta.
 
Lo spirito gli aveva dato un unguento, da spalmare sul corpo, capace di trasformarlo in un lupo per potersi cibare e lo stesso, fu condannato al rogo ed arso vivo.
 
Nel 1589 a Bedburg, in Germania, Peter Stubbe o Peter Stump, descritto all'epoca come uno stregone assai malvagio, nelle sembianze di un lupo commise, per 25 anni, molti delitti divorando uomini, donne e bambini e nel 1589, fu condannato a morte e 4.000 persone si radunarono per assistervi.
 

Incisione dell'epoca sul serial killer Peter Stubbe.

Nel corso di una battuta di caccia con una muta di cani, organizzata dalla cittadinanza, era stato scovato Stubb, che annaspando a quattro zampe, cercò di mordere e ringhiare come una bestia feroce con forza disumana, finchè non fu sopraffatto dagli abitanti.
 
In seguito, durante il processo svoltosi a Colonia, raccontò di aver fatto un patto con il Diavolo, il quale gli regalò una pelle di lupo, con la promessa di proteggerlo mentre si cibava di uomini, donne e bambini.
 
Nel 1603 a Bordeaux, in Francia, Jean Grenier, un giovane senza fissa dimora, fu processato come lupo mannaro.
 
Nella sua confessione ammise di aver incontrato, per caso, un cavaliere alto e tenebroso, da lui chiamato Signore della Foresta, il quale gli giurò di servirlo dandogli la possibilità di cambiare aspetto, grazie ad un unguento magico ed una pelle di lupo.
 
Per anni Grenier si cibò di carne di giovani fanciulle e fu condannato ad essere rinchiuso in un monastero, dove continuò a camminare carponi con la convinzione che fosse davvero un lupo.
 
In tempi più recenti, ovvero in una calda notte del 1949 a Roma, la polizia venne chiamata per indagare su un lupo mannaro visto in un giardino.
 
La pattuglia scoprì un giovane ricoperto di fango, che ululava e graffiava il terreno, con lunghissime unghie appuntite ed affilate.
 
Ricoverato in ospedale, l'uomo disse di aver perso i sensi, nel momento in cui si era alzata la luna piena e di essersi ritrovato, al suo risveglio, in strada spinto da una forza sconosciuta.
 
John Godwin, su queste storie di licantropia, disse: "Gli individui attratti e tormentati da desideri impellenti, che riconoscevano come bestiali, potevano desiderare di sfuggire alla forma umana che impediva la loro soddisfazione. Diventando bestie, potevano infrangere i divieti e le paure e, gratificare senza provare alcun senso di colpa o di paura, tutte le brame distorte che ardevano nelle loro menti, perchè i tabù umani non si applicano agli animali".
 
Le leggende dicono che, il lupo mannaro, era veloce anche se trascinava le zampe nel correre e, l'unico modo per ucciderlo, era utilizzando dell'argento su punte di freccia o pallottole.
 






IL CODICE DA VINCI: FINZIONE O REALTA'?


IL CODICE DA VINCI: IL ROMANZO ISPIRATO DALLA VICENDA DI RENNES LE CHATEAU



PRIORATO DI SION RENNES LE CHATEAU

Copertina del libro Il Codice Da Vinci di Dan Brown



Il Codice Da Vinci, dell'autore Dan Brown, è incentrato sulla ricerca del Santo Graal, la presunta coppa in cui fu raccolto il sangue di Cristo, durante la sua crocifissione.


L'autore definisce la coppa, non come l'oggetto che la tradizione ha sempre creduto, ma personificandola nella figura di Maria Maddalena, colei che secondo il racconto, dopo la morte di Cristo, si trasferì in Francia e li diede luogo alla stirpe dei Merovingi di "Sangue Reale" o "Sang Réal", da cui la parola Santo Graal.


Gesù aveva affidato la sua Chiesa proprio a lei e non a San Pietro e la verità fu nascosta, sempre secondo il romanzo, dal Concilio di Nicea del 325 d.C., in cui si decise di scegliere i 4 Vangeli che oggi conosciamo, e proclamando eretici o apocrifi, tutti quelli che parlavano del matrimonio tra Cristo e la Maddalena, (leggi qui tutti i Vangeli Apocrifi).


Gli eredi al trono dei Merovingi si costituiscono in un'organizzazione segreta, il Priorato di Sion, (leggi qui la storia del Priorato), a cui sono collegati i Templari, per riconquistare il trono di Francia e portando a compimento l'opera iniziata da Cristo e la Maddalena.


rennes le chateau

Simbolo del Priorato di Sion



Leonardo Da Vinci, sempre secondo l'autore, fu uno dei membri più illustri, che lasciò indizi nelle sue opere, tra cui L'ultima Cena, sul segreto della Maddalena, di cui lui era a conoscenza.



FONTI STORICHE DEL CODICE DA VINCI


L'autore Dan Brown, afferma di aver scritto il libro dopo aver trovato dei documenti, in cui erano contenute informazioni storiche e segrete sul Priorato di Sion, in cui l'ultimo Gran Maestro, identificato in Jacques Saunière, avrebbe rivelato il segreto al mondo intero.


I documenti a cui si riferisce sono delle pergamene, scoperte nel 1975 nella Bibliothèque Nationale di Parigi, chiamate "Les Dossiers Secrets", o "Dossier segreti di Henri Lobineau", scritte da Philippe Toscan du Plantier, che in realtà sono un falso creato da  Pierre Plantard e Philippe de Chérisey, per affermare che il primo fosse un discendente diretto del re merovingio Dagoberto II.


Jacques Saunière ed i suoi collaboratori furono assassinati per non far divulgare il segreto che, avrebbe distrutto la Chiesa e tutta la sua millenaria storia, ma come detto tutto questo non ha un fondamento storico.


Brown nel suo libro parla del Vangelo Apocrifo di Tommaso, (leggi qui il Vangelo di Tommaso), in cui si fa riferimento ad una figura femminile, identificata poi dall'autore nella Maddalena, che avrebbe portato a compimento la parola di Dio con la sua discendenza terrena.



IL MITO DI RENNES LE CHATEAU


La storia di questo paesino francese,  si basa su fatti realmente accaduti, che poi nel tempo si sono mischiati a miti locali tanto che oggi Rennes Le Chateau è uno dei luoghi più visitati di Francia.


Don Bérenger Saunière fu il parroco di Rennes nel 1885 e nel 1909 si rifiutò di trasferirsi in un'altra parrocchia per poi essere sospeso "A Divinis" nel 1910.


Ma, nonostante Saunière non avesse più una parrocchia, rimase fino alla morte nel paese, che arricchì con nuove costruzioni, tra cui la famosa "Torre di Magdala", e proseguì degli scavi nel cimitero locale, non si sa alla ricerca di cosa.


rennes le chateau
Torre di Magdala a Rennes Le Chateau, fatta costruire da Saunière in onore di Maria Maddalena


Ma stranamente Saunière diventò così ricco, da far supporre che avesse trovato un tesoro nascosto o forse delle opere medievali di immenso valore, tra cui alcuni manoscritti antichi, che poi si rivelarono dei falsi.


Ma la leggenda nacque dalla sua perpetua Marie Denarnaud, a cui Saunière aveva intestato tutte le sue proprietà, per sottrarle al Vescovo ed alla Chiesa, che per anni incoraggiò eventuali acquirenti raccontando del tesoro segreto.


Tra questi ci fu Noel Corbu, che acquistò delle proprietà dalla Denarnaud per trasformarle in un ristorante, che iniziò a pubblicare dal 1965, degli articoli sul giornale sul presunto tesoro di Bérenger Saunière, al fine di attirare turisti in questo remoto luogo, a cui si interessò Pierre Plantard che diede vita alla leggenda che tutti oggi conosciamo.


rennes le chateau

Noel Corbu



In conclusione possiamo dire che:


1) Bérenger Saunière fu davvero il parroco di Rennes Le Chateau, e la sua presunta ricchezza può essere giustificata con ricche donazioni e messe, da parte dei fedeli, piuttosto che la scoperta di un tesoro;


rennes le chateau
François Bérenger Saunière


2) Non esiste ad oggi alcun documento che prova la relazione tra Cristo e la Maddalena, ne tantomeno ipotetici figli di quest'ultima, che avrebbero dovuto governare sulla Francia ed il Mondo intero, proprio perchè discendenti di sangue reale.


3) Il famoso quadro "I pastori di Arcadia" di Nicolas Poussin del 1640, che raffigurerebbe la famosa tomba della marchesa Marie D'Hautpoul-Blanchefort, in cui sarebbero celati i misteri e la storia sul Santo Graal, in realtà sarebbe stata costruita nel 1933, quindi il quadro è molto posteriore alla tomba stessa, quindi un falso.


rennes le chateau
I Pastori di Arcadia di Nicolas Poussin


4) Il Priorato di Sion è stato fondato nel 1965 da Pierre Plantard, in cui quest'ultimo afferma di essere l'ultimo discendente della stirpe di sangue reale Merovingia e custode del Santo Graal, e quindi non ha una storia millenaria, come si è sempre creduto.


priorato di sion rennes le chateau

Pierre Plantard








mercoledì 9 agosto 2023

IL FANTASMA DI BEATRICE CENCI


IL FANTASMA DI CASTEL SANT'ANGELO 




FANTASMI ANTICA ROMA

Ritratto di Beatrice Cenci del pittore Guido Reni presso Palazzo Barberini.


Beatrice Cenci, nacque a Roma il 6 febbraio del 1577, dal conte Francesco Cenci e la moglie Ersilia Santacroce.



Il padre era un uomo violento e ed aveva una condotta immorale e, nel 1584 alla morte della Santacroce, Beatrice assieme alla sorella Antonina, furono mandate nel Monastero di Santa Croce a Montecitorio, fino all'età di 15 anni.

 

FANTASMI DI ROMA

Monastero di Santa Croce a Montecitorio.


Nel 1592 fece ritorno a casa, dove trovò un ambiente ostile a causa della violenza del padre che riversava sulla giovane.



ESILIO DI BEATRICE CENCI A PETRELLA SALTO



FANTASMA BEATRICE CENCI

Rocca di Petrella Salto.


 

Nel 1593 Francesco sposò Lucrezia Petroni, ma oberato dai debiti fu incarcerato e processato al versamento di ingenti somme, mentre Beatrice fu segregata nella Rocca di Petrella Salto.

 

 
FANTASMA DI BEATRICE CENCI

Lucrezia Petrella seconda moglie di Francesco Cenci.


La ragazza inizialmente chiese aiuto ai fratelli e familiari, mandando loro delle lettere da cui non ebbe risposta, ed una volta una di queste arrivò per sbaglio al padre Francesco, il quale la percosse brutalmente.


Nel 1597 anche il padre si ritirò alla Rocca, per sfuggire ai creditori e perchè malato di rogna e gotta, portando con se gli altri due figli Bernardo e Paolo.



OMICIDIO DI FRANCESCO CENCI


FANTASMA BEATRICE CENCI

Il conte Francesco Cenci, drogato nella sua camera da letto, viene assassinato da Olimpio Calvetti e Marzio da Fiorani; Beatrice sta guardando la scena mentre la sua matrigna sorveglia la porta.


Beatrice subì violenze sessuali da parte del padre ed, in questo contesto, maturò la sua idea di uccidere il padre, in quanto esasperata e stanca di ciò che gli accadeva giornalmente.


Assieme alla madre Lucrezia, i fratelli Bernardo e Paolo, il maniscalco Marzio da Fiorani ed il castellano Olimpio Calvetti, cercò di avvelenarlo senza riuscirci.


Riprovarono una seconda volta, ingaggiando dei briganti, i quali gli tesero senza successo un'imboscata.


Si tentò allora per un'ultima volta di portare a termine il progetto dell'uccisione, quando gli fu somministrato tramite bevanda, l'oppio che lo stordì e lo fece addormentare.


E proprio durante il sonno Marzio gli spezzò le gambe con un mattarello, mentre Olimpio conficcò dei chiodi con un martello nel cranio e nella gola.


Per depistare eventuali indagini, il corpo fu inizialmente posto su delle assi decomposte, al fine di simulare un incidente, ma il corpo era troppo grande per entrarci e fu deciso quindi di gettarlo dal parapetto della Rocca.

 

FANTASMA BEATRICE CENCI

Palazzo Cenci a Roma.


Infatti, il 9 settembre del 1598 il corpo di Francesco fu trovato nell'orto sottostante e nel frattempo i familiari si erano trasferiti a Roma, presso Palazzo Cenci.



PROCESSO DI BEATRICE CENCI



FANTASMA BEATRICE CENCI

Beatrice Cenci in prigione. Quadro di Achille Leonardi, secolo XIX.


Su richiesta del duca Marzio Colonna e del viceré Don Enrico di Gusman, il corpo fu esaminato da un medico ed alcuni chirurghi, i quali esclusero la caduta poichè era palese che le ferite riportate fossero da condurre ad un omicidio.


FANTASMA BEATRICE CENCI

Duca Marzio Colonna.


A quel punto i sospetti ricaddero sugli autori i quali vennero imprigionati e della vicenda fu informato anche il Pontefice Clemente VIII, il quale si interessò personalmente alla vicenda.


FANTASMA BEATRICE CENCI

Don Enrico di Gusman.


Olimpio Calvetti fu torturato fino alla sua completa ammissione del complotto, riuscì a fuggire ma fu ucciso in seguito da monsignor Mario Guerra, mentre Fiorani, anche lui torturato, confessò ma, nel confronto diretto con Beatrice, ritrattò ed in seguito morì per le ferite subite durante la sua confessione.


FANTASMA BEATRICE CENCI

Papa Clemente VIII.



Giacomo e Bernardo confessarono subito, mentre Beatrice continuò ad indicare in Olimpio, l'unico esecutore materiale del delitto.


Il giudice Ulisse Moscato, acquisite le prove, avviò il processo, per il quale l'avvocato Prospero Farinacci, prese la difesa di Beatrice, durante il dibattimento.



FANTASMA BEATRICE CENCI

L'avvocato Prospero Farinacci, difensore di Beatrice.


Quest'ultimo cercò di alleggerire i capi di accusa, che pendevano sulla testa degli accusati, sostenendo che la giovane era stata ripetutamente violentata dal padre, ma il giudice decise di condannare gli imputati.



ESECUZIONE DI BEATRICE CENCI A CASTEL SANT'ANGELO

 

FANTASMA BEATRICE CENCI

Il corpo morto di Beatrice Cenci dopo l'esecuzione.

 

L'11 settembre del 1599, Giacomo fu condannato allo squartamento e fu colpito alla testa e le sue membra furono esposte al pubblico per un giorno appese ai quattro angoli del patibolo, Bernardo invece fu condannato alla pena del Remi Perpetui, ovvero avrebbe dovuto remare sulle navi pontificie a vita, e legato ad una sedia ad assistere all'esecuzione dei suoi familiari.


Lucrezia, che assistette ai precedenti drammi, svenne e fu decapitata da una spada, mentre Beatrice fu condannata alla decapitazione a Castel Sant'Angelo, eseguita dal famoso boia del tempo, Mastro Titta detto Er Boja, su un patibolo allestito al momento in quel luogo.


FANTASMA BEATRICE CENCI

Mastro Titta regge la testa decapitata di Beatrice Cenci.


Tra il pubblico erano presenti il Caravaggio, il pittore Orazio Gentileschi assieme alla figlia Artemisia, e durante l'esecuzione a causa dell'afosa giornata e della calca generatasi, molta gente morì asfissiata o annegata nel Tevere e tra questi, anche Ubaldo Ubaldini, che fu in seguito celebrato da Stendhal nelle sue Cronache Italiane.

 

FANTASMA BEATRICE CENCI

Il celebre pittore Caravaggio era tra il pubblico presente all'esecuzione di Beatrice Cenci.

FANTASMA BEATRICE CENCI

Orazio Gentileschi.


FANTASMA BEATRICE CENCI

Artemisia Gentileschi.


Dell'esecuzione esistono alcuni testi pervenuti a noi, tra cui:"Vennero frattanto altre soldatesche dal lato di Castel S. Angiolo, ed aumentata la forza armata intorno al patibolo, si proseguì il corso della giustizia, quando si vide un poco calmato il tumulto della folla. Beatrice genuflessa nella cappella era talmente assorta nella sua preghiera che non fece attenzione al rumore ed alle grida; soltanto si riscosse quando lo stendardo entrò nella cappella per precederla al supplizio. Si alzò, e con la vivacità di una sorpresa domandò: — La mia signora madre è veramente morta? — Le fu risposto affermativamente, ed ella gettatasi ai piedi del Crocifisso pregò con fervore per l'anima di lei. Poi parlò ad alta voce e lunga pezza col Crocifisso dicendo cose troppo non connesse, e finì con esclamare: — Signore tu mi chiami ed io di buona voglia ti seguo, perché so di meritare la tua misericordia. Si accostò al fratello, lo baciò in fronte, e con un sorriso d'amore gli disse: — Non ti accorare per me, saremo felici in cielo, poiché ti ho perdonato. Giacomo svenne. La sorella, volgendosi agli sgherri: - andiamo - disse, e franca si avanzava alla porta, ma il carnefice le si fece avanti con una corda, e pareva che temesse di avvolgere con essa quel corpo. Appena Lo stendardo uscì dalla cappella, e che la meschina accompagnata da due cappuccini arrivò al pié del palco, un subito silenzio fece credere deserto quel luogo per lo avanti sì rumoroso. Tutti volevano sentire se articolava qualche parola, e con gli occhi a lei rivolti, e con bocche aperte pareva che pendesse dalle di lei labbra la loro esistenza. Beatrice al pie' del palco, baciò il Crocifisso, fu benedetta dal frate; e lasciate le pianelle, salita destramente la scala, lentissima arrivò al fatale ceppo, niuno si avvide della pronta mossa che gli fece scavalcare la panca che aveva cagionato tanto ribrezzo alla Petroni; si collocò perfettamente da se inibendo con uno sguardo fiero al carnefice di toccarla per levarle il velo dal collo, che da se stessa gettò sul tavolato. Ad alta voce invocava Gesù e Maria attendendo il colpo fatale, passò però in questa orribile situazione alcuni istanti, perché il carnefice intimorito si trovò impacciato a vibrarle la mannaia. Un grido universale lo imprecava, ma frattanto il capo della vergine fu mostrato staccato dal busto, ed il corpo s'agitò con violenza. Il misero Bernardo Cenci costretto ad esser testimone del supplizio di sua sorella cadde svenuto, e per lunga mezz'ora non poté essere richiamato ai sensi. La testa di Beatrice fu involta in un velo come quella della matrigna, e posta in lato del palco; il corpo nel calarlo cadde in terra con gran colpo, perché si sciolse dalla corda". 



APPARIZIONE DELLO SPETTRO DI BEATRICE CENCI

 

FANTASMA BEATRICE CENCI

Lapide Beatrice Cenci a Castel Sant'Angelo.

 

Tra la notte del 10 e l'11 settembre di ogni anno, sul ponte che conduce a Castel San'Angelo, si dice appaia lo spettro di Beatrice, proprio nello stesso punto in cui fu decapitata.

 

 
FANTASMA BEATRICE CENCI

Castel San'Angelo luogo dell'esecuzione di Beatrice Cenci e dove ancora oggi appare il suo spettro.


Molti testimoni dell'evento affermano di aver visto il fantasma di Beatrice che reggeva in mano la sua testa mozzata.









martedì 25 luglio 2023

BIAGIO CARGNIO

 

 STORIA DI BIAGIO EL LUGANEGHER


biasio cargnio

Biagio Cargnio


SGUAZETO ALLA BIASIO


Sguazeto alla Biasio

Nel 1520 a Venezia vi era la Taverna di Biagio Cargnio, detto "Biasio", situata nel Campo San Zan Degolà sul Canal Grande, che fungeva anche da macelleria.


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Il locale diventò famoso grazie allo "Sguazeto", un piatto tipico preparato con carne di maiale, con cui venivano deliziati i veneziani, che accorrevano in massa alla taverna, arricchendo il proprietario.


Questi non divulgò mai la ricetta segreta, che era diversa dalla solita e, proprio questa eccellenza culinaria, spinse gli avventori a capirne di più.


Tra questi un certo Antonio, detto "Tony", che era un assiduo frequentatore della Taverna, ansioso di carpirne i segreti, andò a pranzo come era solito fare, ed ordinò lo sguazeto di Biasio.


Mentre lo stava assaporando, notò tra i denti qualcosa di duro come un osso e, togliendolo di bocca, si accorse che in realtà era un dito umano con tanto di unghia.


 
testa mozzata di biagio cargnio

Testa mozzata di Biagio Cargnio


Preso dal panico e dall'ansia della scoperta, nonchè disgustato da ciò che aveva trovato nel cibo, uscì dal locale per andare a denunciare Biasio alle guardie, portando con sè il dito, come prova dei fatti.


In serata i gendarmi entrarono nel locale e si diressero verso la cucina e qui, tra pentole e tegami in ebolizzione, scoprirono resti umani di bambini, tra cui viscere, arti ed organi umani, con i quali Biasio preparava il famoso sguazeto, che lo aveva fatto diventare ricco e famoso a Venezia, lasciati a macerare nel vino con aggiunta di spezie.


Portato in tribunale il macellaio confessò di aver ucciso parecchi bambini, di cui non si conosce il numero, giustificandosi che lo aveva fatto per soldi: "Son sghei", disse al giudice Biasio.



Condannato a morte, fù portato dal carcere alla sua taverna, legato ad un cavallo e trascinato fino all'uscio, dove gli furono amputate entrambe le mani.



Successivamente fù condotto in Piazza San Marco dove venne decapitato in pubblico ed il suo corpo fù tagliato in 4 pezzi, i quali furono esposti ai 4 angoli della città, a memoria delle nefandezze commesse dall'uomo e come monito per chi avrebbe commesso le stesse barbarie.



Ad oggi rimane soltanto la Riva di Biasio, sul Canal Grande, mentre la locanda fù data alle fiamme dai gendarmi.

 
riva del biasio

Veduta di Riva del Biasio a Venezia.




lunedì 24 luglio 2023

PASSO DELLA ZITA BOVA SUPERIORE

 

 LA LEGGENDA DI CATERINA LA ZITA DI BOVA SUPERIORE


U PASSU DA ZITA BOVA SUPERIORE

Il passo della zita da dove si lanciò Caterina.

 

L'AMORE IMPOSSIBILE DI CATERINA E GIOVANNI DI BOVA SUPERIORE

 

GUARDA IL VIDEO SU YOUTUBE



In Calabria, precisamente a Bova Superiore, esiste un luogo chiamato il "Passo della Zita", ovvero tradotto, il Passo della Fidanzata, che collegava Reggio Calabria a Bruzzano, attraversando i comuni di Africo, Roghudi e Casalinuovo.


U PASSU DA ZITA BOVA SUPERIORE

Il passo della zita con il ponte visto da lontano.

Durante il periodo medievale, una mattina una ragazza di nome Caterina, (per gli abitanti del luogo denominata Caterina la Zita), si stava recando presso la Chiesa del paese, per sposarsi con un uomo scelto dal padre, come era tradizione a quei tempi per rafforzare i legami familiari ed economici.


Nel percorrere il tratto di strada, Caterina si fermò sul ponte citato, per lanciarsi nel vuoto e morire sui costoni sottostanti. 


ponte u passu da zita bova superiore

Ponte del passo della zita a Bova Superiore.


Caterina in realtà, era innamorata di un altro uomo, Giovanni, che non era un ricco possidente e per questo non era visto di buon grado dal padre, perchè per lui era più proficuo un matrimonio di convenienza con un uomo che non amava.


Tutto il paese accorse sul ponte per vedere il mio corpo che giaceva sulle rocce sottostanti e la disperazione di mio padre e di Giovanni, che tempo dopo mi raggiunse per coronare finalmente il nostro sogno d'amore eterno.


Oggi la leggenda della donna è molto conosciuta a Bova Superiore e, quando ci si affaccia dal ponte, vengono alla mente gli ultimi istanti di vita della povera Caterina che, per amore, decise di porre fine alla propria vita. 


Inoltre, ogni anno il fantasma di Caterina viene visto sul ponte, dove la si vede salire sul parapetto e lanciarsi giù sulle rocce, ripercorrendo l'ultimo momento della sua vita e liberandosi dell'amore non corrisposto ed attendendo il suo amato Giovanni.


 



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